La storia / Abbraccio in reparto

Kumari e Daniele: la bellissima storia d’amore di una doppia adozione

Nata in India, era stata accolta da una famiglia trentina. A distanza di anni, con il marito ha ripetuto la stessa scelta

di Patrizia Todesco

TRENTO. Ci sono gesti d'amore che moltiplicano i loro effetti negli anni. Kumari Bonomi era stata adottata quando era molto piccola. Viveva in un istituto a Bombay e dall'India è arrivata in Trentino grazie ad una coppia. Kumari si è poi sposata con Daniele Gasperini e nel suo cuore sperava ardentemente di poter restituire al mondo quell'amore ricevuto, quel dono di trovare una famiglia.

Insieme, Kumari e Daniele hanno adottato una bambina e ora il loro obiettivo è gettare dei ponti verso il suo passato, verso i suoi primi giorni di vita. Farle capire quanto è subito stata amata. Per questo hanno mantenuto i contatti con il reparto di neonatologia del S. Chiara, dove la piccola ha vissuto per 22 giorni dopo essere nata prematura. Lo hanno fatto tramite l'Associazione Amici della Neonatologia Trentina.

Ora, a distanza di sei anni, vogliono ringraziare tutti gli operatori e medici che si sono presi cura di lei con dedizione e affetto. «Ci è stato consegnato un album di fotografie dei suoi primi giorni e abbiamo fatto richiesta della cartella medica. Da ogni parola trasuda amore verso questa bambina», racconta la mamma. La vita della piccola era iniziata in salita. La sua mamma non aveva possibilità di tenerla e la neonata è stata dichiarata adottabile appena fuori pericolo. Per parecchi giorni si trovò infatti a lottare per la vita in una incubatrice della terapia intensiva della neonatologia.

«Io e mio marito avevamo iniziato l'iter di adozione. Avevamo avuto i colloqui con l'assistente sociale, avevamo frequentato il corso della Provincia ed eravamo in lista per l'adozione nazionale. Dopo quattro mesi ci hanno chiamati per un colloquio conoscitivo. Non sapevamo perché, quale bambino o bambina ci fosse che aveva bisogno di una famiglia. Abbiamo avuto un colloquio con i giudici che ci hanno detto che ci avrebbero fatto sapere in pochi giorni. Trascorsi cinque giorni abbiamo pensato che non saremmo stati noi la coppia scelta e invece, inaspettata, è arrivata una chiamata. Quando ci siamo presentati ci hanno spiegato che era una bambina appena nata e ci hanno portato in una struttura vicino all'ospedale dove era ospite dopo le dimissioni».

Il primo incontro, una grande emozione, ma anche l'inizio di momenti di paura, di difficoltà, oltre ovviamente di grandissima gioia. «Era un ranocchietto piccolissimo che si lamentava sempre e io sentivo forte la responsabilità di quell'esserino che il destino aveva voluto affidarci. Come sanno bene tutte le mamme adottive non ero stata preparata con corsi preparto, non mi ero abituata a dormire poco. Da un giorno all'altro era arrivato questo esserino con il quale dovevo piano piano stringere un legame. Nemmeno il colore della nostra pelle era uguale. Anche tra mio marito e la piccola è stato amore a prima vista. Hanno sempre avuto un rapporto speciale. Ricordo ancora quando l'ha presa in braccio, come lei lo guardava».

Sono passati gli anni fino a quando, a 5 anni, la piccola ha fatto una domanda che ha fatto capire ai genitori che era ora di parlare della sua vita. «A dire il vero la prima domanda è stata sul perché io e la mia mamma avevamo un colore della pelle diverso. Le ho spiegato la mia storia, del volo, del mio paese lontano. A quel punto a lei è venuto naturalmente pensare che anche lei era stata adottata e mi ha chiesto della sua manina e della mia. Le abbiamo fatto vedere l'album e l'abbiamo tranquillizzata sul fatto che comunque la sua mamma l'amava tantissimo. Mia madre mi aveva sempre parlato bene della mia mamma biologica e quindi mi è sembrato giusto fare altrettanto. Per lei è stata una cosa molto importante, naturale, tanto che il giorno stesso è andata all'asilo piena di gioia e ha raccontato la sua storia a tutti i suoi compagni e alle maestre condividendo con loro un momento molto importante. Ogni tanto ricorda la sua mamma biologica e noi le diciamo che se un giorno vorrà potrà cercarla e che saremo sempre con lei».

Kumari racconta di una vita felice in Trentino con la famiglia che l'ha accolta anche se a scuola, sul lavoro, negli affetti ha conosciuto da vicino cosa è il razzismo. Il suo legame con l'India è ancora oggi fortissimo. «Quando sono andata in viaggio di nozze in India è successa una cosa incredibile. Ero in visita ad un palazzo imperiale quando ad un certo punto ho visto una suora dell'ordine di Madre Teresa di Calcutta. Ho subito sentito qualcosa di familiare, un'energia. Ho chiesto alla guida che ci accompagnava di poterle parlare e ho scoperto che lei aveva lavorato nella struttura nell' istituto di Bombay dove io ero ospite prima dell'adozione proprio nello stesso periodo. Ci siamo abbracciate. Una frase che mi colpì tantissimo della suora fu "Sono felice che una figlia dell'India sia tornata per vedere il suo paese insieme a suo marito! Significa che sei cresciuta bene e mando tante benedizioni ai tuoi genitori italiani"».

«Io ringrazio i giudici che si sono fidati a dare un figlio in adozione ad una donna che era stata a sua volta adottata. Spero di dare a nostra figlia tutti gli strumenti per superare i momenti di solitudine e difficoltà che avrà. I miei genitori non avevano potuto portarmi in India, per un problema di voli, ma avevano comunque costruito dei ponti, sia con le storie della mia cultura che con dei momenti speciali. Ricordo mia madre che da piccola mi faceva vedere le stelle nel cielo, prima di andare a dormire e mi chiedeva quali fossero le più belle per me. Me le raccoglieva con le mani e me le infilava in tasca. Negli ho capito che lei mi aveva costruito un ponte di stelle... perché le stelle che si vedono da Trento sono le le stesse che si vedono da Bombay. Io non negherò mai risposte alla nostra piccola. Il nostro obiettivo è renderla felice e seguirla dandole la possibilità di volare quando lei vorrà». Alle coppie che iniziano un percorso di adozione Kumari consiglia pazienza e tenacia.

«È un percorso a volte duro e difficile con tante emozioni forti. Ma non bisogna mollare mai. Inoltre l'importante è rimanere uniti come coppia. Ci vuole amore e complicità perché non ci si può permettere di sbagliare con questi bambini. Bisogna essere disposti ad affidarsi ai professionisti e fare tantissimo lavoro di introspezione emotiva e psicologica. Circondatevi di persone e parenti che siano aperti all'adozione e che vi supportino sempre, senza giudicarvi nelle vostre scelte».

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