Ambiente / Lo scempio

Tonnellate di fango della diga scaricate nel Leno: uccisi tutti i pesci, esposto in Procura

La società Agsm aveva iniziato a ripulire l’invaso con camion e ruspe: 8 mila metri cubi, costo di mezzo milione. Poi di colpo altri 150 mila metri cubi di limo sono finiti direttamente nel torrente: chi è stato?

di Nicola Guarnieri

ROVERETO. Il Leno è inquinato? Chissà! Nessuno, ad oggi, si è interessato di quel colore caffelatte che qualche anno fa il torrente più fotografato della Vallagarina ha assunto. Adesso, però, ci penserà la procura della Repubblica e stabilire le cause - ed eventuali responsabilità - di quel corso d'acqua che improvvisamente ha perso pesci e flora tipica. Motivo? Limo e terra arrivati all'improvviso ad intorpidire le acque cristalline del figlio delle valli del Pasubio.

In verità, dal punto di vista politico, il consigliere provinciale di Onda Civica Filippo Degasperi e quello comunale di Rinascita Rovereto Gloria Canestrini da tempo hanno presentato interrogazioni per chiedere lumi. Ma da Provincia e Comune non è arrivata alcuna risposta.

Per questo ieri mattina è stato depositato un esposto in procura delegando la magistratura a fare chiarezza su un caso che, di fatto, ha allarmato i residenti delle vali del Leno.

Sotto accusa sono i 150mila metri cubi di limo stoccati nell'invaso della diga di Speccheri e scaricati nel corso d'acqua. Materiale trasportato dal rio Pozza al Leno che ha rischiato di bloccare gli impianti idroelettrici. E che, di conseguenza, doveva essere rimosso per liberare gli scarichi.

L'Asgm, l'azienda elettrica di Verona, nel 2018 aveva iniziato a togliere la terra con scavatori e draghe, ma si è fermata a ottomila metri cubi, operazione costata 500mila euro. Il resto, per varie cause, anziché essere affidato alle ruspe è stato scaricato direttamente nel Leno cambiandone il colore e, a detta dell'Associazione pescatori della Vallagarina, uccidendo di fatto i pesci.

Ma questo è un capitolo a parte che è già stato risolto tra gli amanti delle lenze e l'Agsm. Rimane invece il problema ambientale, a più riprese sollecitato agli enti pubblici che, per contro, non hanno mai aperto bocca. Di qui l'esposto in procura. Che, chiaramente, non indica un colpevole ma chiede a chi di dovere di individuarlo. E, nella presentazione, parte da lontano. Addirittura dagli anni Cinquanta quando è stato realizzato il laghetto artificiale della Busa a Raossi di Vallarsa.

Serviva per raccogliere le acque del torrente e sputarle dentro gli impianti della diga per produrre energia idroelettrica. Il balzo in avanti nel tempo è notevole visto che arriviamo al 2018. Quando Agsm ha deciso di asportare ottomila metri cubi di materiale che ostruivano la fuoriuscita dell'acqua. E già si parlava di potenziali 150mila metri cubi che avrebbero occupato il trenta per centro dell'invaso. Troppo. Di qui l'appalto ad una società esterna che, con 400 viaggi via camion, ha provveduto a togliere quella piccola quantità di terra. Per altro beccandosi 1.200 euro di multa dal guardiapesca (l'unico, in verità, intervenuto a controllare) per aver agito in maniera, diciamo così, non consona al rispetto dell'ambiente.

Il problema di bloccare gli impianti, però, restava. E, come detto, per liberare la diga il limo sarebbe stato scaricato direttamente nel Leno cambiandone i connotati. Un problema segnalato a più riprese dai residenti e dai pescatori perché l'azzurro-verde del Leno era stato cancellato e, soprattutto, i pesci spariti dalla circolazione a causa della «sterilizzazione» imputabile ai cinque metri di terriccio depositato sul fondo. Le successive segnalazioni, però, sembrano essere rimaste lettera morta e nessuno - dagli enti pubblici a quelli privati - si è mosso per capire. Di qui le interrogazioni nei palazzi politico-amministrativi rimaste lettera morta. E per questo Gloria Canestrini, ieri mattina, ha presentato un esposto chiedendo formalmente un'indagine penale. A carico di chi, ovviamente, si vedrà ma certo è che i candidati al registro degli indagati, potenzialmente, possono essere tanti.

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