I lavoratori del supermercato esasperati dall'assalto di clienti escono nel parcheggio

di Chiara Zomer

Giovedì ad alzare la voce sono stati i metalmeccanici, ieri i commessi e i dipendenti dei supermercati. In via Craffonara, al Poli, ieri mattina è andata in scena la protesta, con tanto di picchetto rivisto e corretto per adeguarlo all’epoca del Coronavirus: maestranze tutte nel piazzale, rigorosamente alla distanza di almeno un metro l’una dall’altra. Facevano massa critica senza ammassarsi, o per lo meno questa era l’idea. Erano lì, fuori dal negozio, per testimoniare che vogliono essere tutelati. Perché loro - con le dovute proporzioni, per carità - ma dopo il personale ospedaliero, sono la seconda trincea di questi giorni infausti. Come la gente si agita, o va a comprarsi una mascherina - ma non ce ne sono più - o svuota un supermerato. E loro sono lì. «Sì, sono in mezzo all’ansia dei clienti, che si affollano per fare scorte che non sono necessarie, e alle esigenze del datore di lavoro, che chiede di non disturbare l’utenza. È come se le regole valessero solo fuori, come se i supermercati fossero zona franca» sbotta Paola Bassetti, della Filcams Cgil, che assieme ai colleghi Lamberto Avanzo (Fisascat Cisl e Walter Largher (Uiltucs) sostiene i lavoratori in queste ore.
Il problema, ieri, era legato al contingentamento. La norma dice che nei supermercati si deve entrare pochi per volta, perché altrimenti la regola del metro di distanza diventa pura accademia. In alcuni negozi c’è un vigilante, che dà o meno il permesso alla clientela di entrare. Al Poli di via Craffonara non c’era nessuno. E i commessi, dopo giorni in cui si devono sgolare per chiedere alla gente la gentilezza di rispettare la regola del metro, hanno deciso che poteva bastare così. E che era ora di dare un segnale. Quindi tutti fuori.
Ma ecco, se questo è accaduto al Poli di via Craffonara, non significa che il problema non sia sentito un po’ in tutto il settore. Certo, alcuni punti vendita sono diversamente organizzati - il Conad dell’Urban city, per dirne una, chiude 3 ore a mezzogiorno per igenizzare e fare il cambio turno senza che i lavoratori si ammassino all’entrata o all’uscita - non c’è il medesimo allarme ovunque, ma la preoccupazione è generalizzata. Per questo ieri i sindacati hanno contattato i delegati di ogni azienda e hanno deciso che andava mandato un segnale. Segnale per i datori di lavoro, ma anche per la clientela. «Non c’è nessuna necessità di accaparrarsi generi alimentari né i supermercati sono parchi gioco in cui trascorrere il tempo - osservano Bassetti, Avanzo e Largher - bisogna stare a casa e bisogna tutelare la salute dei lavoratori e delle loro famiglie».
Il problema è che serve, fanno capire, sensibilità da parte di tutti. D’altronde basta l’esperienza personale di ognuno di noi: in questi giorni capita di sentire, alla cassa, la commessa o il commesso chiedere ai clienti di mantenere le distanze. E non sempre la risposta è garbata. Anzi, spesso la gente si scoccia proprio.
Da qui l’allarme dei dipendenti Poli, ma anche dei loro colleghi, anche in vista del fine settimana, che si immagina di grande afflusso. «La priorità deve essere la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro per tutti i dipendenti del settore alimentare e delle farmacie impegnati pesantemente in questo momento di estrema difficoltà per tutta la nazione. I lavoratori si stanno già facendo carico di turni massacranti e hanno paura». Da qui le richieste. I sindacati chiedono inoltre di valutare la riduzione «ove possibile, delle turnistiche» e «le chiusure domenicali coordinate tra punti vendita così come chiesto anche da Confcommercio a livello nazionale - concludono Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs - Si dia ai lavoratori la possibilità di tirare il fiato e di abbassare la tensione».

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