Dopo 38 anni passa di mano lo storico bar "Piazzetta"

di Tommaso Gasperotti

Il Piazzetta passa la mano. Rita Bianchi e il marito Carlo Trentini, dopo 38 anni dietro il bancone a “coccolare” i propri clienti a suon di caffè, centrifugati di melagrana, tiramisù e sorrisi sinceri, lasciano quello che in tanti anni era diventato molto più di un semplice bar. Per molti versi un salotto di famiglia, sia per gli arredi che per l’atmosfera, dove chiunque entrasse si sentiva a casa.

Una manciata di tavolini, i dipinti di qualche amico pittore appesi alle pareti e la contagiosa professionalità di una coppia, che tra un ordine e l’altro - anche nei concitati martedì di mercato o nel periodo dei mercatini - trovava sempre il tempo per una battuta, un complimento, una parola di conforto quando serviva. «L’abbiamo rilevato nel 1982 - ricorda Rita, sedendosi con noi al tavolo -. Eravamo appena sposati e io ero incinta di Lodovico. Pur vivendo qui vicino, questo bar è stato senza dubbio la nostra prima casa».

Mercoledì scorso, ultimo giorno di apertura, prima di passare il testimone alla nuova gestione, un viavai senza sosta di clienti e amici, chi a portare un regalo, chi un biglietto d’affetto. Tanti i caffè offerti, non senza commozione. Aneddoti? «Tanti». «Da qui - raccontano i coniugi - sono passati anche Gerry Scotti e Ruggero Orlando, indimenticabile inviato della Rai, giunto al tempo in città per un servizio su Palazzo delle trifore. Ma le persone più importanti sono quelle che in questi lunghi anni sono passati a trovarci tutti i giorni: sono il nostro orgoglio e li ringraziamo davvero di cuore». Una vicinanza che non è mai mancata. Neanche nei momenti più duri. Come nel 2015, quando il figlio Lodovico, cresciuto tra i tavolini del Piazzetta, scomparve prematuramente, lasciando un profondo sconforto e il dubbio se valesse ancora la pena tenere aperto il bar e andare avanti. «Questo luogo per noi è stato terapeutico, un rifugio, una casa», spiegano Rita e Carlo, ringraziando anche tutti i collaboratori, Adriana, Fiorella e Donatella in primis.

All’entrata, sopra il bancone anni ’70, anche una campanella. «Ce l’ha regalata un avvocato che lavorava qui vicino. La suonavo specialmente il martedì, per richiamare il silenzio quando c’era troppa confusione, o per invocare il cambio ai tavoli nei momenti di ressa. Chi la scuoteva verso sera, invece, si prenotava per offrire un giro», sorride Carlo. Un caffè dall’anima autentica, che ha fatto dell’intergenerazionalità e della gentilezza il suo punte forte. Un pezzo di storia, all’intersezione tra largo Foibe, via Roma, via Scuole e via Tartarotti, che dopo qualche giorno di assestamento e trafile burocratiche, passerà la mano a una nuova e giovane gestione. Come logo del bar, il cavallo bronzeo senza orecchie e coda del vicino ex catasto. Sul menù - ancora prima che spopolasse il km0 - tanti vini e prodotti del territorio. E, per non annoiarsi mai, una clientela decisamente variegata: «Da qui - ammette Rita - abbiamo visto passare generazioni di roveretani».

Un gruppo di giovani su facebook ha voluto lasciare un messaggio: «Per tutte le volte che avevamo fame e ci avete sfamati. Per tutte le volte che volevamo crogiolarci nel primo sole del mattino e ci avete preparato un tavolo sotto il portico, in fondo a via Roma. Per tutte le volte che volevamo leggere il giornale, nel silenzio quieto della domenica roveretana. Per tutte le volte che avevamo voglia di torte di mele, sandwich integrali, sorrisi sinceri e caffè lunghi. Grazie Rita, Carlo e tutto il Bar Piazzetta. Per tutte le volte che ci avete fatti sentire a casa».

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