Inchiesta Aquaspace, trema pure Tessil4

Ormai è ufficiale. Il caso Aquaspace sta finendo per toccare, in un effetto domino tanto temuto quanto inevitabile, anche la Tessil4.

Ormai è ufficiale. Il caso Aquaspace sta finendo per toccare, in un effetto domino tanto temuto quanto inevitabile, anche la Tessil4. L’azienda ha comunicato che, se i tempi dell’indagine si allungano, anche l’azienda di tintoria rischia la chiusura. E la temperatura, tra lavoratori e sindacati, sale. Risultato: inizia la mobilitazione seria, allo scopo almeno di portare la vicenda al centro dell’agenda politica. Perché adesso in ballo non sono più 15 lavoratori, ma 80. Da qui le nuove mosse dei sindacati: già ieri è stato chiesto un incontro urgente all’assessore provinciale all’industria Alessandro Olivi. E lunedì, nel corso dell’assemblea sindacale, è annunciato un picchetto fuori dai cancelli di Aquaspace e Tessil4. Dal canto suo la politica risponde: «Mi rendo disponibile subito per mettere ad un tavolo azienda e lavoratori - assicura Olivi - non può essere che in queste vicende siano sempre i lavoratori a pagare il prezzo più alto». 
 
Ma come si è arrivati da Aquaspace a Tessil4? Il nodo è sempre quello, il depuratore. Aquaspace ha un depuratore diviso in due parti, una chimica (che opera in conto terzi e smaltisce rifiuti speciali) e una organica, che è al servizio esclusivo di Tessil4, l’azienda che si occupa di tintura dei filati e dà da lavorare a 60 persone. Su richiesta della Direzione distrettuale antimafia il Gip ha messo sotto sequestro il depuratore chimico, di fatto bloccandone i lavori: l’obiettivo è la realizzazione di un incidente probatorio (calendarizzato per il 21 marzo) che valuti la capacità dell’impianto di trattare i rifiuti speciali che gestisce, in forza dell’autorizzazione provinciale. Il Riesame - con motivazioni ancora da depositare - ha rigettato l’istanza di dissequestro. A quel punto è scattato l’allarme: il depuratore chimico può restare spento per qualche tempo - ha spiegato l’azienda ai sindacati - ma non per mesi, pena la chiusura definitiva. Riaccenderlo dopo un intervallo troppo lungo, hanno detto, significherebbe fare investimenti insostenibili. E già questo aveva improvvisamente messo a rischio i 15 lavoratori del depuratore. Ieri l’altra doccia fredda. L’incontro, tra sindacati e vertici Tessil4, era calendarizzato per discutere del premio di risultato. Di quello non si è parlato, perché la proprietà ha chiarito il contesto: i fatturati del depuratore provengono per l’80% dalle lavorazioni per conto terzi (quindi la parte chimica dell’impianto), e solo per il 20% dalla lavorazione per Tessil4. Da qui l’annuncio: se non si sblocca Aquaspace, rischia di saltare Tessil4. Lo stesso annuncio che nelle scorse ore è stato dato alle Rsu di tutte le aziende del gruppo. 
 
L’allarme è comprensibile. Per questo Cgil Cisl e Uil hanno inviato una richiesta di incontro urgente a Olivi. E ieri esprimevano preoccupazione: «Se la questione non si dipana velocemente, ci saranno dei problemi seri - osservava ieri Osvaldo Angiolini (Uil) - la questione tempo ora è cruciale». E Mario Cerutti (Cgil): «Quel che è certo è che i lavoratori non vogliono essere ostaggio di nessuno, nemmeno dell’azienda. Ma rischiano di essere i soli a pagare». 
 
Certo la questione è delicata. L’indagine della Dda tocca la salute pubblica, ha la precedenza. Ma i dipendenti sono in mezzo a due fuochi. «Assicuro a sindacati e lavoratori la mia disponibilità - osserva Olivi - fin da lunedì mi rendo disponibile per un incontro. Ora la cosa importante è promuovere un confronto tra le parti senza giudicare, perché questo compete ad altri, non alla Provincia. Certo non si dovrebbe mai arrivare al conflitto tra regole e lavoro. Ed è evidente che non possono essere i lavoratori a pagare le conseguenze. Io sono pronto ad un incontro. Perché mi pare giusto che qualcuno ponga l’attenzione sul fatto che c’è di mezzo il futuro di 80 persone».

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