Costruzioni, impresa fallita da anni Cento operai restano senza soldi

di Nicola Guarnieri

Dalle forche caudine della crisi economica, dai disastri sociali causati dal riflusso sono stati in molti, in questi anni, ad uscire con le ossa a pezzi. Non solo imprese, finite sul lastrico lasciando senza salari lavoratori e collaboratori, ma intere famiglie che hanno visto sgretolarsi i sogni di una casa sotto il naso e, magari, hanno pure perso ogni euro che avevano risparmiato proprio per quel tetto sotto il quale poter vivere.

Rovereto non si discosta dal resto del Paese. Ma, rispetto alle altre città dello Stivale, confidava nel tribunale più veloce d'Italia a definire i fallimenti. Il caso Fiorito Costruzioni srl, invece, rovina decisamente la media di celerità del palazzo di giustizia su corso Rosmini visto che si protrae da circa sei anni.

L'impresa lagarina, infatti, è fallita ma la curatela non ha ancora liquidato le spettanze ai lavoratori. Che non sono certo pochi: un centinaio, molti ricollocati ma una ventina rimasti a piedi e, soprattutto, senza un euro in tasca. Le bocche da sfamare in casa, però, sono tante ma i denari del fallimento ancora non si vedono. E pensare che le cifre, prese singolarmente, non sono proibitive ma sono comunque tanti soldi per chi ha il salvadanaio vuoto. Perché tra i creditori in attesa ci sono ex lavoratori con quattro figli e moglie invalida a carico che attendono da anni cinquemila euro di arretrati. Ma l'assegno non arriva e questa, tuonano l'avvocato Karin Malaspina e il consigliere provinciale di Civica Trentina Claudio Civettini , «è una stortura normativa. È la politica che deve cambiare le regole perché non è possibile che ci sia gente non pagata specie quando i soldi ci sono».

Eh già, perché il conto corrente del fallimento Fiorito è ricco: oltre 600 mila euro ancora fermi. E all'uscio, quasi a mendicare denaro che invece spetterebbe loro di diritto, ci sono cento operai rimasti come metaforiche macerie sotto la crisi. Fiorito Costruzioni, chiaramente, non c'entra (di fatto è crollata per i mancati pagamenti di opere già realizzate) anche se, nel 2012, aveva scritto una sorta di pagina di storia. È stata infatti la prima azienda in Trentino ad essere ammessa al concordato in continuità.

La crisi, d'altro canto, sei anni fa non ha morso, ha proprio azzannato. E la Fiorito è caduta sotto i colpi del mercato che le ha voltato le spalle, dei debitori saltati, delle lentezze degli enti pubblici nei pagamenti. E alla fine ci hanno rimesso tutti. Fino a quando la «baracca», grazie a Franco Giacomoni, è stata presa in mano dalla Immobil3 (una controllata di Fiorito) e le banche hanno deciso di crederci aprendo i cordoni delle borsa e inserendo nuova linfa, leggasi 2 milioni di euro. Proprio quell'operazione, sostenuta da Unicredit, Mediocredito e Cassa rurale di Rovereto, ha convinto il tribunale ad omologare la prima richiesta in Trentino di concordato in continuità.

Di soldi da restituire ai dipendenti finiti su una strada, però, non se ne sono visti. «Per questo nel 2016 ho chiesto il fallimento dell'azienda. - spiega l'avvocato Malaspina - Grazie a questo è stata versata una prima tranche degli arretrati, circa la metà, ma poi è calato il silenzio. Purtroppo ci sono procedure talmente farraginose che viene pagato prima chi soldi ne ha tanti e viene dimenticato chi invece ne ha davvero bisogno. Ci siamo confrontati anche con l'assessore Olivi che concorda sul fatto che il meccanismo andrebbe rivisto. E in questo caso i soldi ci sono ma non sono ancora stati versati».

Motivo? «Il curatore sta ancora svolgendo attività per raccogliere la liquidità e quindi pagare i creditori». «Purtroppo - rincara Civettini - non c'è sicurezza di ricevere tutti i pagamenti ma quello che dà più fastidio è l'assurdo meccanismo che lascia i lavoratori all'ultimo posto tra i creditori. Prima, infatti, vengono le banche. Per questo sollecitiamo la politica a cambiare le regole evitando drammi familiari».

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