Rurale di Rovereto: è Gios il presidente

Geremia Gios è entrato al Melotti con il sorriso di chi sa che il pronostico è dalla sua parte. E alla fine - alla fine delle tensioni, dei cavilli e pure dei veleni - è andata così. Di più. Ha stravinto: 1016 vot contro 201. E con lui entra in consiglio, spinto a una valanga di voti (950), Roberto Maffei alla vicepresidenza. L’ex sindaco di Vallarsa, il professore, l’uomo anti sistema che mai ha avuto problemi a mettere in discussione gli equilibri acquisiti, da oggi è il presidente della Cassa Rurale di Rovereto. Paolo Spagni, il tecnico chiamato nell’emergenza, partito come unico candidato con la benedizione della Federazione, ha pagato quell’occhio benevolo di Trento - che parte dei soci ha letto come alleanza di ferro - senza averne alcun beneficio. Senza poter contare, per intendersi, sulla potenza di fuoco che ad altre latitudini ha inciso. Ma che ieri non sarebbe servita. Non con questa assemblea. A cui si arrivava carichi da mesi e con gli animi esacerbati nelle ultime 48 ore. L’«incoronazione» di Gios è arrivata al termine dell’assemblea più cattiva che la Rurale ricordi. Basti dire che il notaio è intervenuto ricordando l’articolo 2 del codice di procedura penale.

Che non sarebbe stata un’assemblea come le altre lo si è capito subito. Ben prima delle 15 la piazzetta del Mart si è riempita, con numeri mai visti: 974 presenti, 308 deleghe. Ma soprattutto, tensione da tagliare col coltello. Arrabbiatura, pure. Non di Gios, ma di alcuni tra i suoi. Per un volantinaggio dell’ultimo minuto contro il professore, considerato un’entrata a gamba tesa. E poi perché le urne non erano aperte, a inizio assemblea. Lo sarebbero state solo al termine della presentazione dei candidati. L’attesa sarebbe stata lunga.

Ma le scintille vere sono arrivate dopo la relazione del presidente Paolo Marega e quelle di direttore e caposindaco. La discussione doveva essere sul bilancio. Ma i nodi sul tavolo erano tanti e per tanti mesi non discussi. Sono spuntati tutti insieme. E non riguardavano solo i quasi 25 milioni di passivo.
Ad accendere le polveri è stato Paolo Zanon, uno dei consiglieri dimissionari lo scorso luglio. È quello il nodo mai risolto. La svolta di ieri affonda le radici in quei giorni. Tanto che più d’uno ieri ha rivendicato di non aver potuto discutere quei fatti in un’assemblea. 

Zanon ha affondato su tutto. Sul prestito irridimibile al tasso del 5% «quando il sistema aveva bisogno noi abbiamo messo i soldi, senza remunerazione. E adesso ci danno soldi nostri, perché sono del Fondo comune, ma dobbiamo ripagarli. Dov’è adesso il sistema?». Sulla gestione del Cda uscente, «ce ne siamo andati perché non cambiava nulla». Ma soprattutto sulle loro dimissioni: «La Federazione voleva la testa del direttore, del presidente e del capo sindaco. Su questo il consiglio si è spaccato, su questo ce ne siamo andati». E poi l’affondo, sul candidato capo sindaco Silvia Arlanch: «Non ha diritto di candidarsi, controllava i conti di Btd». E lei: «Ho fatto la mia parte responsabilmente».

A stretto giro la replica di Marega: «La legge ci obbligava a cooptare tre persone in consiglio. Non a fare un’assemblea». E del caposindaco Fiorini, che è saltato dalla sedia: «Zanon risponderà di queste parole. Chiudo quest’esperienza con amarezza, ma senza rimorsi. Serve la mia testa? Va bene. Ma in quei giorni si discuteva del piano di rientro, e in tempi difficili chi ha senso di responsabilità resta sul pezzo, non lascia la baracca per salvarsi. Qui si decide della cassa, si deve pensare a correntisti e ai soci. Non ai rancori personali». Ma la diga si era rotta. E giù Franco Scönsberg, vicepresidente dimissionario a luglio: «Noi non siamo scappati. Presidente, perché non leggi i verbali del Cda di quei giorni, ce l’ho qui. Leggilo».

Sui dati di bilancio non si è discusso granché. I giochi in campo erano altri. E sono bastate le parole del notaio: «Una sola delega a socio, e si dichiara al posto di chi si vota davanti all’urna», per far scattare l’allarme rosso. Perché la regola delle deleghe in Rurale è sempre stata rispettata. Ma schede già votate e affidate da soci che a metà discussione se ne andavano, da sempre venivano messe nell’urna. Davanti all’ipotesi di non poterlo fare, la tensione si è alzata. E Schönsberg: «Allora tirate fuori quelle urne. Adesso». 

Marega ha detto sì. E da quel momento, si è votato come sempre. E quel che accadeva dentro l’auditorium non è interessato che a pochi intimi. La massa si è precipitata, letteralmente, nel foyer. Con i candidati che si sono presentati ai soci mentre metà dell’assemblea era fuori, alle urne. Il confronto tra due candidati di peso, come Spagni e Gios, di fatto non c’è stato. L’assemblea aveva scelto prima ancora di entrare. E aveva scelto il professore.

Resi noti solo stamattina, infine, i voti dell'intero consiglio. Ecco i risultati. Oltre a Gios, presidente con 1016 voti e Maffei (vice con 950) risultano eletti: Monica Aste, Elisabetta Silvino, Tiziano Fait, Carlo Andrea Postinger, Luca Frapporti. Caposindaco Stefano Bianchi Carini, sindaci effettivi: Giovanni Paolo Rao, Paolo Lagnese, sindaci supplenti Elena Iori, Michele Cavalieri.

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