Truffa a Rovereto: raggiro da mezzo milione alla banca

L'ipotesi del pm: scontati crediti inesistenti nei guai noto imprenditore edile altoatesino

di Chiara Zomer

Una truffa da quasi mezzo milione di euro. Questo sarebbe riuscito a portare a termine, secondo la procura, un imprenditore tra i più noti dell'Alto Adige. Un giro di fatture che avrebbe rischiato di danneggiare un secondo imprenditore, che nulla aveva a che fare con questa vicenda. Ma, soprattutto, un imbroglio sotto il quale, alla fine, sarebbe rimasta la filiale roveretana della Banca popolare di Vicenza. Questa l'accusa che vede indagato Werner Zimmerhofer, nome pesante dell'economia altoatesina, amministratore, tra le altre società, della Zh general construction, colosso dell'edilizia schiacciato dalla crisi economica. A suo carico si è conclusa qualche settimana fa un'indagine per truffa aggravata. Certo i fatti sono tutti ancora da provare: l'ufficio inquirente ha concluso la fase istruttoria, ma non ha ancora valutato se chiedere o meno il giudizio per l'imprenditore. La scelta definitiva, in questo senso, arriverà nelle prossime settimane. Quel che è sicuro è che le cifre in ballo sono importanti.

Protagonisti della vicenda, che risale al gennaio 2013, la filiale roveretana della Banca Popolare di Vicenza e Werner Zimmerhofer. Che in banca, secondo la ricostruzione della procura - come detto è ancora tutta da dimostrare - si sarebbe presentato con due fatture, per una cifra totale di 495 mila euro. A quel punto avrebbe chiesto l'anticipo. Un'operazione che si fa, quando l'istituto di credito valuta ci siano le condizioni, e che conviene a tutti. In sintesi la banca sconta la fattura, cioè di fatto anticipa quanto il cliente dovrebbe ricevere dal suo debitore, trattenendo per sé una percentuale. E poi i soldi va a chiederli al debitore. Un sistema che permette al creditore di togliersi il fastidio del recupero crediti e alla banca un guadagno, quando le cose vanno bene, tutto sommato non difficile. Ecco, questo sarebbe accaduto: Zimmerhofer avrebbe presentato due fatture, una del valore di circa 190 mila euro, l'altra di circa 340 mila euro. Tolta la percentuale trattenuta dalla banca, a lui sarebbero stati liquidato 423 mila euro. Fin qui tutto bene.

I problemi sono nati quando la banca ha contattato il debitore, chiedendo di rientrare. Si trattava di un imprenditore che in passato aveva avuto rapporti commerciali con Zimmerhofer, ma in quel caso qualcosa non tornava. Perché nulla più c'era di pendente tra i due imprenditori: questo sostenne il presunto debitore, che tale proprio non si sentiva. Ed infatti è stato lui - e non la banca benché, se i fatti saranno confermati, rimarrà lei la più danneggiata - a sporgere querela. Da qui l'indagine della procura, che nella filiale roveretana ha mandato la Finanza, per dare un'occhiata a quelle fatture. Un approfondimento dal quale sono iniziati i guai per Zimmerhofer: a chiusura indagini sono due le cose che gli imputa l'ufficio inquirente. Di aver presentato delle fatture pro forma, delle ricevute cioè non aventi alcuna valenza fiscale, quindi non valide come documento di riconoscimento di un credito. Ma su quelle fatture la scritta pro forma non c'era, quindi la banca i soldi li avrebbe versati sul conto dell'imprenditore, convinta di avere ricevuto in cambio dei titoli di credito validi. Qui starebbe il raggiro, secondo la procura. A cui si aggiunge una presunta alterazione delle fatture proforma in questione. Da qui quindi l'indagine, con due capi d'imputazione: truffa aggravata dall'entità del danno (per la banca quasi mezzo milione di euro) e falsità in scrittura privata. Ora l'imprenditore ha 20 giorni di tempo per dare la sua versione: solo poi la procura deciderà se chiedere il giudizio o archiviare. 

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