Giustizia / Arco

Mascherine rubate, licenziato ma poi assolto: l’ammanco sui battelli Navigarda

Secondo i giudici, l’uomo accusato di peculato non ha commesso il fatto. Le protezioni erano sue e non dell’azienda

di Nicola Guarnieri

ARCO. Agli albori della pandemia una delle difficoltà era reperire mascherine. Merce rara, tra febbraio e marzo 2020, che aveva scatenato una corsa all'incetta e al lievitare dei prezzi. Tra i primi mezzi di trasporto a dotarsi di protezioni ci sono stati i traghetti di Navigarda per riservarle ai passeggeri che tossivano. In quel periodo, però, la società di navigazione - che dipende dal ministero dei trasporti - denunciò un ammanco proprio di mascherine e incolpò un dipendente che lavorava tra le motonavi Solferino e San Martino.

Il malcapitato - Giampaolo Vicari di Arco, in servizio dal 1992 - fu additato come il ladro di presidi di protezione personale tanto che, durante una perquisizione dei carabinieri, gli furono sequestrate 49 mascherine. Lui ha sempre sostenuto che erano sue, regolarmente acquistate, che gli servivano per un hobby: riverniciare piccole imbarcazioni. Tant'è che si tratta di modelli per artigiani. La società ha pure sostenuto di aver trovato un post sul suo profilo Facebook in cui scriveva «vendo mascherine per la protezione della bocca».

Un post, si è sempre giustificato il lavoratore, ironico e rivolto agli amici. Navigarda, comunque, l'ha licenziato e il giudice del lavoro ha confermato il benservito. In ballo, però, c'era ancora il procedimento penale dove Vicari ha dovuto difendersi dall'imputazione di peculato. Perché, al di là del valore irrisorio della merce (stiamo parlando di una manciata di euro), la distrazione e l'eventuale vendita illegale erano a danno di una compagnia pubblica.

Orbene, l'imputato - difeso degli avvocati Luigi Campone ed Enrico Sisler - si è presentato dal gup Mariateresa Dieni ed è riuscito a dimostrare la sua estraneità ai fatti. Il giudice, infatti, l'ha assolto per non aver commesso il fatto. Le mascherine, in altre parole, erano sue e non di Navigarda. Questa sentenza servirà adesso per appellare quella del giudice del lavoro.

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