In carrozzina ma sale e scende dal bus

Sorella e fratello arcensi indagati per truffa dalla Procura

di Paolo Liserre

Se ci si limita ad una breve ricerca in internet inserendo la voce «falsi invalidi», la cartina geografica che ne viene fuori concentra la stragrande maggioranza dei casi scoperti al Sud. È ormai un luogo comune pensare che solo da certe latitudini in giù si fanno certe cose e si commettono certi reati che pesano sulla comunità intera. Eppure qualche caso, magari isolato e ovviamente tutto ancora da dimostrare in tribunale, esiste anche nel civilissimo Trentino. 

Come dimostra la storia che arriva da Arco e che è stata scoperta grazie all'attività della Guardia di Finanza coordinata dalla Procura della Repubblica di Rovereto. Due gli indagati (una donna ed un uomo, fratello e sorella), avviso di chiusura indagini già pervenuto e rinvio a giudizio in arrivo. Per un danno contestato in termini di assegni percepiti che supera i 30 mila euro e che abbraccia un periodo che va dalla metà del 2011 alla fine di agosto dell'anno scorso. A finire nei guai è una signora di 67 anni di Arco e il fratello che deve rispondere di «favoreggiamento personale». Nel caso della donna il reato contestato dal sostituto procuratore Valerio Davico è quello di truffa ai danni dell'agenzia provinciale per l'assistenza e la previdenza integrativa della Provincia. 

La storia comincia quattro anni or sono. La signora ora indagata chiede di poter usufruire dell'assegno di invalidità civile (siamo all'inizio di aprile del 2011) e l'iter che ne deriva, come vuole la norma, la porta a sottoporsi a tre visite mediche, l'11 luglio la prima, a marzo e a luglio di due anni dopo quelle successive. Nella prima circostanza, quella che di fatto accerta l'invalidità civile della signora, la commissione che suo malgrado cade nell'inganno è presieduta dal dottor Sandro La Micela, professionista conosciuto in tutto il Trentino e spesso tra l'altro consulente della stessa Procura e del Tribunale di Rovereto. Tutte e tre le volte, affermano gli stessi investigatori, «la signora simula un'andatura atassica e si presente in carrozzina», tanto da convincere i medici a riconoscerle e poi confermarle «un'invalidità con totale e permanente inabilità lavorativa e con necessità di assistenza continua, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita». Da qui l'assegno, di circa 500 euro al mese, per un totale dal 2011 al 2014 di oltre 30 mila euro. 

Una segnalazione probabilmente anonima mette sul chi vive la Guardia di Finanza che avvia gli accertamenti, naturalmente senza far clamore. E così la donna viene seguita e anche filmata mentre va a far la spesa al supermercato con le proprie gambe, sale e scende dall'autobus come una persona comune, in pratica conduce una vita apparentemente senza alcun problema. Immagini e filmati che adesso fanno parte del corposo fascicolo dell'accusa. E nella rete ci finisce pure il fratello di 58 anni che a maggio di quest'anno l'accompagna in macchina ad Ala dove la signora è stata convocata dal dottor Eraldo Mancioppi, consulente tecnico d'ufficio del magistrato. Ad Ala la donna viene portata in carrozzina dal fratello ma alla partenza da Arco e al ritorno a casa sale e scende dall'auto come se nulla fosse. Senza sapere però che l'«occhio» degli investigatori la stava osservando e filmando.

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