«Ingiusto morire così»

«Rossana ha sempre vissuto al fianco di chi era ai margini dell'esistenza. Non è giusto che sia stata uccisa così, lasciata morire sul margine di una strada». Sono parole che trasudano più amarezza che rabbia, quelle di Maurizio Camin, direttore dell'associazione Trentino per i Balcani, la realtà per cui tanto si stava spendendo - lavorando, è un termine riduttivo per descrivere il suo impegno - Rossana Fontanari

di Leonardo Pontalti

«Rossana ha sempre vissuto al fianco di chi era ai margini dell'esistenza. Non è giusto che sia stata uccisa così, lasciata morire sul margine di una strada». Sono parole che trasudano più amarezza che rabbia, quelle di Maurizio Camin, direttore dell'associazione Trentino per i Balcani, la realtà per cui tanto si stava spendendo - lavorando, è un termine riduttivo per descrivere il suo impegno - Rossana Fontanari.


Più amarezza, che rabbia: un sentimento, quest'ultimo, che non faceva parte del dna di «Ros» - come tutti nella sede di via Bomporto chiamavano, chiamano affettuosamente la ragazza - né di quello della sua famiglia e dei suoi amici e colleghi: «Ci sarà tempo per il perdono - conferma Camin - ma quello di cui ora lei, la sua mamma, noi tutti, abbiamo bisogno è giustizia. Per questo speravamo almeno che dopo la terribile serata di domenica, nella notte la persona responsabile avesse potuto pentirsi e costituirsi».


Amarezza e dolore, ieri mattina, nella sede dell'associazione. Anche se, come sempre accade quando ad andarsene sono persone che davvero sapevano farsi voler bene e lasciare un segno profondo, sono più i sorrisi che affiorano, portati a galla dai ricordi. Sorrisi amari, che fanno male. Perché non fanno che accrescere la sofferenza, pensando che quella sorgente di allegria e armonia non zampillerà più. Tante lacrime, in via Bomporto, ancora più incontenibili dopo aver ricordato i momenti belli. Che stando con lei erano tanti, perché «non c'è una storia bella in particolare da ricordare: Ros era lei, una bella storia», spiega con gli occhi lucidi Elisa Bortolamedi, che con Rossana aveva organizzato uno dei camp estivi per ragazzi in Kosovo.
«Ricordo che ero al mare, e sarei rientrata proprio il giorno in cui il pullman partiva per i Balcani. Mi ero ritrovata in ritardo e avrei senz'altro perso il pullman. Ros mi aveva chiamato e mi aveva detto di non preoccuparmi, mi avrebbe aspettato lei. Siamo andate in Kosovo insieme, proprio con la sua Yaris».


Rossana lavorava con l'associazione da cinque anni. In precedenza aveva collaborato anche con il Tavolo con il Kosovo, dove aveva avuto modo di apprezzarla anche Michele Nardelli, che la ricorda: «Ora voglio pensarla lì, nei Balcani, al lavoro per costruire quel mondo fatto di relazioni, di ascolto e di dialogo».


«Aveva fatto uno stage ed avevamo visto che era brava e decidemmo di non farcela scappare», ricorda ancora il direttore Camin: «Era stata lei ad occuparsi dei rapporti diplomatici, andava nelle ambasciate a spiegare chi fossimo e cosa volessimo fare. Era straordinaria. Aveva una cultura sconfinata e non lo faceva mai pesare. Aveva un entusiasmo ed una voglia di fare impressionante. E se n'è andata così, lasciandoci tutti senza parole. Oggi (ieri, ndr) avrebbe dovuto essere a Belgrado per portare avanti il progetto a cui stava lavorando negli ultimi tempi, quello per il potenziamento dei servizi di salute mentale in Serbia e Kosovo. Invece, siamo qui a piangerla, senza sapere più che dire».


E c'è infatti chi non riesce davvero a trovare il modo di aprire bocca, come pietrificati dal dolore. Come Paola Filippi e Ornella Lanzuolo, altre referenti di Trentino per i Balcani che con Ros avevano lavorato gomito a gomito per anni. Non parlano, ma i loro sguardi dicono tutto quel che c'è da dire e da capire. Perché è dura doversi rassegnare all'idea di dover fare a meno, d'ora in poi, di una persona come Rossana.

comments powered by Disqus