Sanità / Il caso

Escherichia coli, il papà dell’altro bambino con la Seu: “Ho sempre combattuto perché non si ripetesse”

Suo figlio non si è più ripreso - è in uno "stato vegetativo insanabile" - ed a Cles è in corso il processo per lesioni personali gravissime a carico dell'ex presidente del caseificio sociale di Coredo, Lorenzo Biasi e del casaro Gianluca Fornasari. Giovanni Battista Maestri è rimasto colpito dalla vicenda della bimba che ha preso la stessa malattia di suo figlio

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SCHEDA/2 Cosa è la "Seu”: la malattia acuta rara

TRENTO. «Ho sempre combattuto per la verità e perché quello che è successo non si ripetesse. Sono davvero deluso. Se dovesse essere confermato che a Coredo si è verificato un altro caso di Seu (la temibile sindrome emolitico-uremica ndr), tutto il sistema veterinario dei controlli, in particolare quello della val di Non, andrebbe rivisto». Giovanni Battista Maestri, il papà del bambino che è stato male dopo aver mangiato formaggio contaminato da escherichiacoli - formaggio che per l'accusa era stato acquistato al Caseificio sociale di Coredo - non sa darsi pace.

«Lo ripeto, se dovesse essere confermato che una malattia così rara si è verificata di nuovo a Coredo, significa che c'è qualcosa che non va».

Suo figlio non si è più ripreso - è in uno "stato vegetativo insanabile" - ed a Cles è in corso il processo per lesioni personali gravissime a carico dell'ex presidente del caseificio sociale di Coredo, Lorenzo Biasi e del casaro Gianluca Fornasari. Dopo avere inizialmente imboccato i binari dell'archiviazione, alla luce delle nuove consulenze prodotte dalla parte civile - il papà si è costituito con gli avvocati Paolo Chiariello e Monica Cappello - affidate ad esperti in materia di Seu e alla nuova consulenza disposta dalla procura, la vicenda era infatti approdata davanti al giudice di pace, competente per questo reato. Venerdì 21 luglio sono stati sentiti consulenti e testi esperti.

A partire dal professor Gianluigi Ardissimo, che opera in un centro di riferimento per la cura e lo studio della Seu, il quale ha prodotto la consulenza tecnica su incarico della pm. Nelle sue conclusioni è stato netto: anche a voler fare un calcolo molto "generoso" - ha ribadito - ci sono solo sei possibilità su un milione che all'ingestione di quel formaggio sia seguita la Seu per un motivo diverso dall'ingestione del formaggio contaminato.

In aula anche la professoressa Silvia Bonardi, docente di ispezione degli alimenti di origine animale all'Università di Parma e il professor Nicola Princiapi, direttore della clinica pediatri dell'Università degli studi di Milano, consulenti della parte civile. Analoghe le loro conclusioni: anche alla luce delle nuove analisi fatte sul ceppo rinvenuto nel formaggio incriminato, qualsiasi causa alternativa andava esclusa.

La difesa aveva invece citato come testi la professoressa Federica Bortolotti e il professore Angela Cazzadori, i consulenti della procura che, nella prima fase dell'inchiesta, avevano ritenuto non fosse certo "al di là di ogni ragionevole dubbio" il nesso causale tra assunzione del formaggio e comparsa della Seu, sulla base però dei dati a disposizione nel 2019 e nel 2017, forniti dall'Istituto superiore di Sanità e l'istituto Zooprofilattico delle Venezie. Quanto alla contaminazione del formaggio, sempre per l'accusa, era stata determinata dalle presunte violazioni e omissioni degli imputati sui controlli (nell'altro procedimento era emerso come potesse accadere che il tubo collegato alla cisterna del socio conferitore toccasse terra e si sporcasse di letame, e che lo stesso tubo fosse poi posizionato nella vasche di raccolta a contatto con il latte).

Circostanza confermata in aula nella scorsa udienza anche da uno degli ex autisti, addetti al conferimento del latte. Carenze che avrebbero interessato peraltro anche i raccordi di alcune stalle. Ma dalla sua testimonianza era emerso anche un altro aspetto gravissimo: all'uomo era stato recapitato un bossolo di proiettile sul luogo di lavoro.

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