Val di Non / Il caso

Celledizzo, Max ucciso da un solo colpo di fucile sparato a distanza

L'anatomopatologo conferma che non c'erano segni di lesioni da difesa sul corpo di Massimiliano Lucietti, il cacciatore di 24 anni trovato morto nei boschi sopra il paese la mattina del 31 ottobre

ANALISI I Ris: a sparare non è stato Maurizio Gionta
IL DRAMMA Cacciatore di 24 anni trovato morto in val di Sole
DOLORE Celledizzo, il doppio dramma di una comunità

TRENTO. Un solo colpo alla nuca ha ucciso Massimiliano Lucietti la mattina del 31 ottobre. La relazione medico legale affidata dalla procura all'anatomopatologo Dario Raniero, conferma che sul corpo del 24enne non c'era segni di lesioni da difesa. E il colpo che lo ha ucciso è definito "colpo a distanza". Ma non ci sono indicazioni chiare rispetto all'effettiva ed oggettiva distanza: quella minima è indicata in 40 centimetri. Quello che il medico può dire è che non si è trattato di un colpo sparato a bruciapelo.

Un trauma, quello provocato dal colpo di fucile, che non ha dato alcuna speranza di sopravvivenza al giovane operaio di Celledizzo con la passione per la caccia. La morte è stata praticamente istantanea. Le conclusioni del dottor Raniero sono finte nel fascicolo aperto dalla procura subito dopo la notizia della morte di Lucietti con l'ipotesi di reato di omicidio colposo. Un fascicolo dove già si trovano le relazioni dei carabinieri del Ris. La prima su armi, bossoli, cartucce, la seconda quella relativa ai tamponi stub che determinano i residui da sparo presenti sulle persone e sugli indumenti e in quale percentuale.

Quest'ultima ha portato a stabilire che Mauro Gionta - il cacciatore che aveva dato l'allarme e che il giorno successivo alla morte di Lucietti si era tolto la vita con un colpo d'arma da fuoco - quella mattina non aveva sparato. Sugli stub effettuati sulla persona e sugli indumenti di Gionta non sono state rinvenute particelle "peculiari" dello sparo - come evidenziano gli esperti del Ris - ma solamente particelle "compatibili" che potrebbero essere di origine ambientale.

Sul corpo e sugli indumenti del 24enne, sono state rinvenute due particelle "peculiari" dello sparo sul lato destro (mano guancia, capelli) e sul lato sinistro (gamba e scarpone), unite ad un elevato numero di particelle "compatibili" con l'esplosione di arma da fuoco, ed in particolare con i colpi del fucile dello stesso Lucietti.

Meno risolutiva l'indagine che è stata fatte sulle armi, sui bossoli. A rendere non dirimente il risultato è lo stato di deterioramento dell'ogiva. Reperto dal quale sono state - nel limite del possibile - ridotte manualmente le deformazioni per incrementare la superficie visibile e quindi permettere gli accertamenti balistici.

Era stato accertato che il colpo era compatibile con un fucile 270 Winchester. Il fucile di Gionta ma, come stabilito dallo stub, lui non aveva sparato.

Quindi ora si attende a breve l'esito della perizia, sempre affidata al Ris, sui fucili "recuperati" nella zona di Celledizzo compatibili con il calibro 270 del colpo che ha ucciso Massimiliano Lucietti. Si tratta di una ventina di carabine legalmente detenute da cacciatori e prelevate dai carabinieri per l'analisi un paio di settimane dopo la doppia tragedia.

A tre mesi dalla morte del giovane, "gigante buono" di Celledizzo, il mistero non è ancora risolto. Gli accertamenti tecnici portano all'inevitabile ricerca del terzo uomo, della persona che ha sparato - accidentalmente - al 24enne che era a caccia e che è stato trovato riverso a terra.

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