A San Romedio il tempo del silenzio

Sala gremita ieri al Vigilianum di Trento, per la «prima» del documentario «Il tempo del silenzio. Arte, storia e volti del Santuario di San Romedio», diretto da Katia Bernardi e prodotto da Wasabi Filmakers per la Soprintendenza per i beni culturali della Provincia.

La sfida non era facile - raccontare in mezz’ora una storia secolare - ma la singolare atmosfera del santuario emerge dai 32 minuti del film grazie ai protagonisti: quelli della vita di tutti i giorni e gli studiosi, dagli archeologi agli storici dell’arte che accompagnano lo spettatore nelle chiese e nelle cappelle ancorate alla rupe rocciosa dove Romedio, dopo il pellegrinaggio con due discepoli da Thaur a Roma, scelse di ritirarsi.

Nelle inquadrature di un ambiente unico si dipana una storia umana e spirituale fra agiografie e opere d’arte, fra storia e attualità. Un racconto, spiega la regista, affrontato sia con i contributi storico-artistici, sia nell’atmosfera che respirano coloro i quali vivono a San Romedio: la famiglia dei custodi, i frati, chi al santuario si reca con motivazioni personali. E immergersi nella vita del santuario - ci spiega Katia Bernardi - è stata un’esperienza importante anche a livello personale, oltre che professionale: «Ho recuperato il bisogno di tornare alla natura e di un luogo in cui uscire dai ritmi e prendersi un tempo per il confronto con se stessi. A San Romedio, dove il cellulare non prende, il tempo rallenta, poche ore sembrano un giorno intero e la giornata si dilata».

Il documentario giunge a conclusione della campagna di restauri e di riqualificazione del complesso, avviata nel 2011 e culminata il 29 maggio scorso con l’apertura degli spazi espositivi che raccolgono parte del patrimonio di arte e fede costituito dagli ex voto, come ha spiegato Salvatore Ferrari della Soprintendenza. «San Romedio è un luogo che ci aiuta a meditare» ha ricordato il dirigente della Soprintendenza Franco Marzatico nella presentazione, presente il rettore del santuario padre Giorgio Silvestri, introdotta da Katia Malatesta, direttrice artistica di «Religion Today» nel cui solco si inserisce questa prima proiezione.
E il documentario spinge a meditare illustrando le tappe di questa lunga storia e le sue evidenze iconografiche. A partire dal primo miracolo di San Romedio, che salva il falegname caduto dal tetto, attraverso la costruzione delle chiese. Fino al Quattrocento, viene spiegato, a San Romedio si trovano solo il sacello, una chiesa e la cappella di San Giorgio. Gli altri templi sorgono successivamente, e le pitture che li impreziosiscono costituiscono a loro volta un percorso articolato che, grazie ai restauri, ora può essere meglio ricostruito. A San Romedio, in tal senso, si compie un viaggio nell’arte romanica, rinascimentale, barocca, come spiega Ferrari nel film che porta lo spettatore anche negli ambienti normalmente non accessibili come gli spazi di vita dei frati, o i meccanismi dell’orologio che Mario Zendron cura amorevolmente da anni, lui che al santuario ci veniva da bambino, vi si è sposato e vi si reca con la regolarità dell’orologiaio.

Se i documenti collocano l’esperienza di Romedio nel X secolo, come spiega Christian Giacomozzi, Gianni Ciurletti ricorda che i ritrovamenti archeologici raccontano una presenza umana nella gola che risale alla Preistoria e che dal Medioevo si fa sempre più numerosa. Forse perché, dice la voce narrante del film, «San Romedio racconta le cose di sempre della vita nel silenzio di un tempo sospeso». Il film sarà ripresentato a Sanzeno, a casa de Gentili, il 25 ottobre alle ore 20.30.

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