Mendola, caccia al piromane che colpisce le baite abusive

di Pietro Gottardi

Di giorno feriale, orfano in questa stagione pure di motociclisti e ciclisti (uno ad onor del vero lo abbiamo superato in macchina mentre affrontava i tornanti in sella a una mtb elettrica), il passo della Mendola è malinconico sinonimo toponomastico di solitudine.

Il nuovo vagoncino rosso della funicolare che da oltre un secolo fa su e giù tra Caldaro e il valico, è immobile, abbarbicato poco sotto la stazione di monte. La linea è in manutenzione fino a domenica 13 dicembre. Sembra in letargo.

E con esso tutto dorme a passo Mendola. Dei  bar e tavole calde che dalla tarda primavera all’autunno offrono ristoro prevalentemente con birre, radler e panini ai «gitani» delle moto, non ce n’è uno di aperto. Tutti ermeticamente chiusi. L’assenza di vita su due ruote, sembra togliere anche quel poco di ossigeno che ancora fa respirare per alcuni mesi all’anno il passo.

Sono le undici del mattino e girando su noi stessi nel piazzale-parcheggio ovviamente vuoto ai piedi dell’altera ed inanimata Villa Camille, non scorgiamo nemmeno un essere vivente.

Come deve presentarsi il valico in questo periodo dell’anno appena il sole tramonta non richiede alcuno sforzo di immaginazione.

Piace vincere facile al piromane delle baite della Mendola, al «giustiziere» che purifica col fuoco le casette in legno abusive spuntate una cinquantina d’anni fa lungo la strada bianca che dal passo si inoltra nel bosco in direzione Baita Genzianella e Rifugio Mezzavia.

Va detto che fin dalle prime centinaia di metri di stradicciola il pullulare fra i faggi di casine e casette obiettivamente bello non è, anche se almeno è legale (o nel tempo lo è diventato).

I «villaggeti» nel bosco in questo periodo, poi, danno il peggio di sé, in quanto non sono resi vitali dalla presenza delle persone che li animano d’estate, e non sono nemmeno «abbelliti» dalla coltre nevosa che in inverni normali regala a tetti e tavole generosi e fantasiosi cappelli.

Giungiamo allo slargo di Baita Genzianella. Poco distante si trova uno dei tre baiti dati alle fiamme mercoledì sera. Lì, nascosti nel bosco, alle casine e alle casette si aggiungono i «casini» (legali, ma soprattutto estetici e sanitari), rappresentati simbolicamente da vespasiani in legno, adiacenti alle abitazioni.

Il tempo di parcheggiare e giunge anche una pattuglia di carabinieri. A bordo il maresciallo di Caldaro. Con il collega Cicolini della stazione di Cavareno e il coordinamento dei rispettivi superiori, si spartisce l’onere delle indagini. Che non sono mai facili in caso di incendi dolosi.

«Controllo le abitazioni sul territorio di Caldaro. Sembrava che il problema si fosse risolto ed invece a distanza di tre anni il piromane è tornato a colpire» è la constatazione del sott’ufficiale dell’Arma.

Arriva un pick-up bianco da lavoro ed al volante c’è il signor Borzaga, uno rimasto «scottato» dal piromane: «La prima baita che fu incendiata nel 2012 era la mia - spiega l’uomo, titolare di una ditta di scavi -. Io l’avevo acquistata all’asta a marzo e ad ottobre mi è stata completamente bruciata. Dopo quell’episodio il piromane colpì a raffica. Altre 4 o 5 volte».

Un battesimo del fuoco per l’anno domini 2012 che rimane un’anomalia nel modus operandi di «cerino selvaggio»: «La mia baita era stata sanata, era in regola: l’avevo acquistata all’asta. Io poi sono l’unico proprietario residente a Cavareno.

Tutte le altre casette date alle fiamme, anche le tre di mercoledì sera, erano invece abusive e di proprietà di persone di Caldaro e Termeno».

Fra le poche cose certe, è che il responsabile degli incendi, oltre che esperto dei posti, ha ben chiaro dove colpire, cancellando col fuoco le costruzioni oggi abusive, ma potenzialmente regolarizzabili con la decisione del comune di Cavareno di autorizzare la ristrutturazione della ventina di baite tra «Genzianella» e Campi Golf dopo la realizzazione di rete fognaria e acquedotto.

Piromane sì, quindi, ma selettivo e forse chissà, paladino a suo modo del proprio territorio contro le brutture, anche se con metodo sbagliato, pericoloso e contro la legge.

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