Ambiente / La storia

Quelle proroghe infinite per la cava di inerti nel biotopo protetto dell’Avisio a Lavis

In zona ZSC di massima tutela europea, avrebbe dovuto chiudere già nel 1994, ma di rinvio in rinvio si arriva ad oggi. E dalla giunta provinciale la delibera che concede un altro anno e mezzo

di Gigi Zoppello

TRENTO. Storia di una (anzi: due) cave di ghiaia e sassi, alle Foci dell’Avisio, che sono e operano in pieno biotopo (oggi Riserva naturale provinciale) ma che dal 1994 – di proroga in proroga – sono sempre andate avanti. E pochi giorni fa hanno avuto l’ennesimo rinvio alla chiusura ed al «ripristino integrale delle condizioni precedenti».

E’ infatti dal 18 gennaio 1994  con l’individuazione del biotopo di interesse  provinciale denominato Foci dell'Avisio che ci si prova.  Tale area protetta è ora designata a tutti gli effetti quale Riserva Naturale Provinciale. La zona è stata successivamente individuata come Zona Speciale di  Conservazione (ZSC) IT3120044 Foci dell’Avisio, in base alla direttiva 92/43 CEE.  

Le proroghe infinite per una cava di inerti nel biotopo delle foci dell'Avisio

Nelle foci dell’Avisio, zona protetta, è stata prorogata dalla giunta provinciale, per l’ennesima volta, la concessione di una cava di inerti, presente dagli anni Sessanta. Siamo andati a vedere.

Va detto che le due cave (una in zona Spini di Gardolo, Comune di Trento; l’altra sul Comune di Lavis) si erano insediate – in concessione – precedentemente all'istituzione  dell'area protetta. Quindi le deliberazioni di istituzione e modifica dell’area protetta sopra citate, prendendo atto della  presenza di tali impianti, includevano tra le attività consentite “la prosecuzione delle attività  di lavorazione degli inerti, sulle superfici attualmente interessate, fino alla scadenza o alla  revoca della concessione rilasciata dal Servizio Opere Idrauliche”.

La Provincia lo scrive nero su bianco: «gli impianti determinano una  apprezzabile influenza sia in termini di possibile inquinamento acustico e atmosferico, sia in  termini di impatto visivo ed ambientale derivante dalla difficoltosa compatibilità di queste  attività con il concetto stesso di area protetta».  

Tutto ok? No: perché la protezione dell’ambiente e della fauna si scontra con una cosa che – in termini di valenza elettorale – conta di più: «la dimensione economica delle attività in essere, i relativi risvolti occupazionali e le oggettive difficoltà connesse al reperimento di aree alternative». Lo dice la delibera, nero su bianco.

Il Servizio  Opere Idrauliche o Bacini Montani, nel  tempo, arrivò a procrastinare per legge, accettando che «le medesime concessioni potessero essere rinnovate di  volta in volta per un periodo massimo di un anno, previo parere dell’allora Servizio Parchi e  Conservazione della Natura, ora Servizio Sviluppo sostenibile e aree protette. e veniva sancita inoltre «la facoltà dell'Amministrazione provinciale di revocare la concessione  per qualsiasi motivo e, in particolare, per dare attuazione a progetti di ripristino naturalistico,  previa comunicazione scritta con un preavviso di almeno sei mesi». Cosa che la Provincia non ha mai fatto, e non ha fatto nemmeno stavolta.

E meno male che «Con la deliberazione della Giunta provinciale n. 2451 del 03 ottobre 2003, prendendo in  considerazione l’aspetto idraulico, si rilevava che da tempo era venuta meno la ragione  originaria della presenza delle ditte concessionarie all'interno delle opere di difesa del torrente Avisio, per la restituzione delle aree alla piena fruibilità come demanio idrico e  area protetta». 

Qui le strade delle due cave si dividono. Per quanto riguarda le attività di deposito di inerti insistenti sul C.C. Trento, la deliberazione  della Giunta provinciale n. 2451 del 3 ottobre 2003 prevedeva la graduale riduzione delle  superfici e dei volumi interessati, fino alla completa dismissione e al ripristino dell’area data  in concessione.  

E l’altra? «Per le lavorazioni di inerti presenti sulla sponda destra, in C.C. Lavis, la  medesima deliberazione n. 2451 del 3 ottobre 2003 prevedeva di realizzare lo sgombero dei  macchinari e dei materiali entro il 31 dicembre 2007, data la possibilità di reperire una  localizzazione alternativa per l’insediamento produttivo individuata nel PRG del Comune».  

Purtroppo però… «Data la difficoltà di reperimento di aree alternative per l’attività produttiva insediata sull’area  demaniale protetta è stata autorizzata con deliberazione n. 3273 del 19 dicembre 2008 e s.m. la stipulazione di un Accordo di Programma tra Comune di Lavis, Provincia autonoma di  Trento e le ditte titolari delle attività produttive, che prevedeva la delocalizzazione delle  attività produttive site nel greto del torrente Avisio in C.C. Lavis., con definizione delle  modalità e dei tempi presumibilmente necessari per effettuare lo sgombero, tenendo conto  anche del probabile tempo necessario per l’approntamento dell’area alternativa, per il  trasferimento dell’attività e per il ripristino dell’area dismessa». 

Parliamo di sedici anni fa! Ma purtroppo… 

«Nel Comune di Lavis è attualmente presente un’unica ditta che svolge la sua attività  produttiva sulla proprietà demaniale in concessione, anch’essa interna al greto del torrente  Avisio, individuato dai manufatti arginali storici del corso d’acqua. La superficie demaniale è  stata assentita in concessione, da ultimo con determinazione del Servizio Bacini montani n.  1001 del 19 dicembre 2019, con graduale riduzione fino alla scadenza prevista al 31 dicembre  2022.  

Le difficoltà per la delocalizzazione delle attività, ancora presenti, sono da  ricondurre ad un duplice motivo: senz’altro alla carenza di aree alternative disponibili per  l’attività e ad una congiuntura industriale e di mercato che non facilita alcun investimento da  parte delle ditte di lavorazione inerti».  

L’ultimo capitolo alla fine dell’anno 2023: «la ditta che svolge la propria attività nel Comune di Lavis ha richiesto alla Provincia di  prolungare la propria concessione demaniale, inviando la nota del 13 dicembre 2023, prot. n.  0927239 che riporta il crono-programma dei lavori, dal quale risulta il 31 dicembre 2025  come termine di conclusione degli stessi». La ditta quindi chiede due anni in più.

E la Provincia che cosa dice? Potrebbe dire: «sono trent’anni che dovete andarvene, e non si è mossa una foglia». E invece…

«Al momento attuale, in esito a un confronto effettuato per le vie brevi, tra i Servizi  competenti rispettivamente in materia di conservazione della natura e di demanio idrico, si  sta procedendo al rinnovo della concessione demaniale, permanendo la medesima situazione innanzi descritta, con la specificità che una parte delle attività produttive hanno, nel  frattempo, trovato idonee e concrete possibilità per la loro nuova localizzazione o comunque  non sono più interessate al mantenimento delle concessioni demaniali. Si è ritenuto così  compatibile con le esigenze di tutela della Riserva Naturale Provinciale/ZSC Foci dell’Avisio  stabilire come termine ultimo per lo sgombero definitivo delle lavorazioni inerti su entrambi i  comuni catastali il 30 giugno 2025, valutato anche l’impatto in termini di tempo dello  svolgimento delle procedure urbanistiche». 

Risultato: un altro anno e mezzo di concessione alla ditta che ne aveva chiesti due. Firmato Maurizio Fugatti, presenti al voto Francesca Gerosa, Roberto Failoni, Mattia Gottardi,  Simone Marchiori, Achille Spinelli, Mario Tonina, Giulia Zanotelli. 

Delibera n. 2474. 

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