Val Rendena / Ambiente

Quanto letame, ma l’avvio del biodigestore è ancora frenato dalla burocrazia. Un problema per gli allevatori

In campo la società Future Power, che tranquillizza: «Niente odori, niente rumori, ma un servizio alla comunità ed anche energia elettrica in surplus da destinare ad edifici pubblici»

di Giuliano Beltrami

VAL RENDENA. Sarà il 2022 l'anno del primo biodigestore della Rendena? O non sarà? I tempi si allungano per l'autorizzazione chiesta al Comune di Porte di Rendena, che dovrebbe fare una variante al Piano regolatore se decidesse di accogliere l'impianto presso l'azienda agricola Valentini. Intanto le fazioni si muovono.

Fazioni. A fronte di chi teme per la salute del mondo, e quindi anche della bassa Rendena, Future Power (la società che vorrebbe realizzare l'impianto) usa le paroline magiche «tecnologia innovativa a solido» per dire che non succederà un bel nulla di quanto vaticinato dai catastrofisti. «Anzi, si risolverà il problema della super produzione di letame delle stalle locali, oltre a generare in modo semplice energia rinnovabile da scarto organico», commenta Marco Baudino, che parla di terreni "vulnerabili" anche in Trentino.

«Con pesanti conseguenze pratiche per gli allevatori. Il modo in cui questi impianti trattano il letame, trasformandolo in energia e in ottimo ammendante naturale, contribuirebbe a risolvere questa problematica, o comunque a ridurla in grandissima parte, senza provocare alcun effetto negativo collaterale».

Ne è convinto il patron di Future power.

Il primo impianto del genere in Italia: garanzie? «Non sarà un esperimento», assicura l'ingegnere piemontese, che aggiunge: «Future Power è in partnership con Renergon, società svizzera con 30 anni di esperienza nella biologia correlata alla digestione anaerobica. Da anni produce impianti di trattamento dello scarto organico con tecnologia innovativa e ad alta efficienza. FP ha contribuito allo sviluppo di Renergon, proponendo componentistica italiana di eccellenza, anche trentina per la parte strutturale».

Che facciamo? Una captatio benevolentiae? «Per carità! Renergon è passata dagli impianti tradizionali al brevetto della tecnologia a solido, applicata ad una trentina di impianti come quello che si vuole realizzare a Porte di Rendena. FP nasce per proporre impianti di piccola taglia, con potenze di 100 chilowatt, rispetto ai tradizionali in genere da un megawatt in su, sproporzionati e critici per applicazioni montane. L'innovativa tecnologia a solido permette di avere efficienza e redditività anche su scala molto inferiore, trattando il materiale disponibile per non più di 4.000 tonnellate all'anno».

La filosofia di Baudino: «Più impianti piccoli distribuiti, invece di uno solo di grandi dimensioni. Ne guadagnano la gestione logistica e i trasporti. Infatti il piccolo impianto consente di non avere mai necessità di far arrivare scarto da lontano, perché l'impianto è tarato sulle misure stabilite».

Così dicendo, Baudino sfodera un paio di slogan: «FP fa impianti a servizio del territorio; molto spesso era il territorio a servizio degli impianti tradizionali. FP va dove c'è il letame e lì fa un impianto, non viceversa! Con grandi benefici logistici e semplicità gestionale».I detrattori paventano puzza, rumore, traffico pesante. Che diciamo? «Niente odori - rintuzza il presidente di FP - perché il processo è "anaerobico", senza aria: avviene in box ermeticamente chiusi. Non fa rumore perché l'unico elemento meccanico è il cogeneratore, coibentato e insonorizzato, posizionato in una piccola struttura ad hoc indipendente e isolata».

Ha il tono accorato il presidente quando dice che «questo per noi è un impianto "bandiera", perché è il primo: lavoreremo con grande cura».

Oltretutto «non utilizzeremo la gran parte del calore generato dal processo, ma questo potrebbe essere utilizzato senza oneri da alcune sedi pubbliche: scuole, Comune, oltre al limitrofo Centro raccolta materiali».

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