Ambiente / Il caso

Il nuovo biodigestore a Javré? per cominciare, non chiamatelo «biodigestore»

Parla Baudino, l’amministratore della società Future Power:  «E’ una grande opportunità di innovazione e per risolvere i problemi degli allevatori»

di Giuliano Beltrami

VAL RENDENA. Innovazione. Ci tiene Marco Baudino - classe 1963, parlata schietta, accento piemontese - a precisarlo. Protagonista è il biodigestore di Porte di Rendena, progettato da Future Power di Torino, di cui Baudino è amministratore unico. E qui cominciano le precisazioni.

«Biodigestore? Il nostro è un impianto di risoluzione: non sposto il problema da A a B, avendo la necessità di spargere.La nostra è una tecnologia che valorizza l'organico e lo rende interessante perché può essere insacchettato e portato là dove serve.Lei capirà che risolve una situazione come quella della Rendena, in cui c'è un eccesso di produzione di liquame. Ci tengo a sottolineare che è un'opportunità. Una grossissima opportunità - calca l'accento - per risolvere i problemi».

Però, precisazione per precisazione, c'è da affermare un'altra cosa: l'impianto di Javrè non risolverà i problemi del letame sparso sui prati dell'alta Rendena, a causa dell'eccesso di produzione, ma solo quello dell'allevatore sul cui terreno verrà realizzato...

Giusto? «Esatto - chiosa Baudino - perché Elio Valentini ha un allevamento medio di circa 300 capi, che produce qualcosa come 4.000 tonnellate di rifiuti organici all'anno. L'impianto è tarato su quella quantità. Vorrei che stoppassimo sul nascere polemiche che non hanno senso. In questo caso parliamo di economia circolare».

Parola molto usata... «Parliamo di un digestore anaerobico ad alta efficienza in cui si usa la tecnologia a solido per la rigenerazione biologica di reflui e di letame zootecnico. Il progetto è innovativo per il Trentino. Ma consideri che è una soluzione già ampiamente diffusa in altre vallate alpine.In Svizzera, per capirci, abbiamo installato una trentina di impianti di questo tipo. E la Svizzera ha una conformazione come quella della Rendena: valli strette fra le Montagne. Negli impianti si miscela molta acqua all'organico conferito; questa nuova tecnologia non utilizza acqua ma conta sull'umidità contenuta nell'organico che resta nell'impianto.I vantaggi sono palesi. Anzitutto a fine processo nel materiale digestato restano le proprietà organiche che non vengono portate via dall'acqua. In secondo luogo si riduce al minimo il consumo di energia, perché non si scalda l'acqua e non si muovono i mescolatori.Infine il materiale uscito dalla lavorazione non produrrà alcun odore».Miracoloso...

«Non è il caso di fare dell'ironia; meglio attendere la realizzazione. Consideri che l'impianto genererà energia pulita da fonte rinnovabile: quella non utilizzata dall'azienda Valentini sarà immessa direttamente nella rete».Quindi, giusto per dare i numeri, impianto solo per i 300 capi dell'azienda di Elio Valentini; digestato da spargere nei suoi settanta ettari.

Costi? Si parla di una spesa vicina al milione e 300.000 euro. Vero? «Vero. Noi calcoliamo che avrà una redditività netta in grado di ripagare il costo nell'arco di quattro anni».Insomma, nulla di che lagnarsi.«Senta - insiste Baudino - ho iniziato a lavorare con gli svizzeri una decina di anni fa. Prima avevamo una tecnologia di tipo tradizionale. Negli ultimi quattro anni siamo passati da una tecnologia a liquido ad una tecnologia a solido, con vantaggi di tipo biologico importanti: il carico organico non deve più essere sparso a caso, ma portato là dove ci sono problemi di atrofizzazione delle acque e di desertificazione dei suoli.Guardi che un impianto come questo è provato non solo tecnicamente, ma scientificamente e anche biologicamente».

La conclusione di Baudino è quasi affettuosa: «Conosco la Rendena perché ci vengo dal 1982: vorrà mica che venga a fare danni!»

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