Auto contro il cinghiale Poi, una strana scoperta

Polemiche sui cacciatori: qualcuno alimentava l'animale

di Giuliano Beltrami

Auto distrutta l'altra sera sulla strada del Caffaro dopo esser finita contro un cinghiale. Martedì sera, ore 20,45. Filippo Pizzini (giovane allevatore di 27 anni di Condino) lascia la sua stalla di bovini fra Storo e Condino per tornare a casa dopo aver svolto tutte le mansioni: mungitura, alimentazione e sistemazione della stalla.

Si immette sulla statale del Caffaro e si dirige verso Condino. Giunto all'altezza del bar «Mangianotte», sente una gran botta nella ruota davanti. Inchioda, ma è troppo tardi. L'auto va in testacoda, si aprono gli airbag. Per fortuna in quel momento sulla corsia opposta non passa nemmeno un veicolo, altrimenti si rischia la strage. L'unico a rimetterci è il grosso cinghiale, del peso di un quintale, che è saltato sulla strada nel momento sbagliato, andando ad incocciare nella macchina del giovane. Naturalmente ci rimette pure quella, che riporta un danno vicino agli 8 mila euro.

Fin qua il racconto dell'incidente. Filippo telefona ai familiari, che accorrono preoccupati. Dopo aver constatato i danni dell'auto e soprattutto le condizioni di salute dello spaventato, ma illeso, ragazzo, caricano la carcassa del cinghiale e se la portano a casa.

Non sanno che li attende una sorpresa. Una volta squartato l'animale, si scopre che dentro lo stomaco ha la farina gialla di Storo. «Ma non si ciba di granoturco?», è la domanda immediata. «E dove va a prendere la farina?», è la seconda domanda.

Il papà di Filippo, il noto allevatore Renzo Pizzini, dopo aver chiamato i guardacaccia e i forestali per mostrargli lo stomaco e la farina, fornisce subito la risposta: «Questa è la prova provata (semmai ci fossero dubbi) che il cinghiale è pasturato dai cacciatori, i quali alimentano gli animali per poi poterli ammazzare».

Allora Pizzini alza la voce forte e chiara per tuonare: «Chiedo alla Provincia che vieti la caccia ai cinghiali. Questo è l'unico modo per evitare di mantenere la specie».

Proposta sovversiva? Forse. Tuttavia viene sull'onda dell'indignazione che da oltre un quarto di secolo pervade la valle del Chiese. Era la fine degli anni Ottanta, quando i cinghiali furono immessi abusivamente da qualche scriteriato in cerca di emozioni e soprattutto di carne diversa da quella della selvaggina autoctona. Da allora se ne sono viste di tutti i colori: dalle petizioni comunali alle raccolte di firme, dalle minacce di sciopero del voto alle richieste di carneficina. Siccome i cinghiali non discutono né con i guardiacaccia, né con le autorità provinciali, sono andati avanti a figliare, ad arare gli orti e i campi e ad attraversare le strade, causando incidenti. Certo, hanno pure riempito i freezer, ma sono diventati tanti, perciò continuano a far danni.

Nella recente riunione pubblica con l'assessore provinciale Michele Dallapiccola non poteva mancare l'argomento, con risposta rassicurante dell'assessore: «Stiamo pensando a nuove strategie». Per ora si è in attesa. «Almeno in zone di attraversamento ? conclude Pizzini ? sarebbe importante mettere delle reti, prima che ci scappi il morto».

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