Predazzo / Le chiusure

Sfogo della ristoratrice: «Non vogliamo i soldi dello Stato, ma lavorare»

Elisabetta Dellantonio dà voce all'esasperazione di una categoria di imprese particolarmente penalizzata dalle misure anti-covid: «Sono profondamente delusa dal decreto sostegni di cui pochissimi potranno beneficiare e per cifre ridicole»

di Andrea Tomasi

TRENTO. Un manifesto del disagio, della rabbia e della frustrazione che, in alcuni casi, può diventare altro. Le parole di Elisabetta Dellantonio, ristoratrice di Predazzo, arrivano dritte al cuore.

Le misure anti Covid - con i lockdown, le chiusure, con la promessa di tempi migliori - hanno messo in difficoltà chi fa impresa. Il rischio di impresa, in questi mesi, è diventato quasi certezza di esaurimento: delle finanze, dei nervi, personale e sociale. Dellantonio mercoledì ha postato il suo sfogo sui social e, in pochi minuti, ha ottenuto più di 350 condivisioni.

«Non so se ringraziare Draghi o chi l'ha fortemente voluto, ma sono profondamente delusa dal decreto sostegni di cui pochissimi potranno beneficiare, in quanto - scrive - solo chi ha avuto una riduzione del 30% nell'arco del 2020 ne avrà diritto e poi per cifre ridicole (massimo 4000 euro). Ci ho rimesso due Pasque, Natale e tutta la stagione invernale, adesso sono alla frutta e come me credo tanti altri colleghi. Siamo stufi di questo Stato che promette e invece ce lo piazza dove non batte il sole, stufi di stare zitti, stufi di essere i primi sacrificati anche se si sa benissimo che si rischia di più al supermercato che al ristorante, dove ci siamo attrezzati per adeguarci a tutte le normative, stufi di pagare comunque le tasse, stufi di seguire le regole e venire beffati. Sappiate che io quest'anno le tasse non le pago, sono pronta a scendere in piazza (con mascherina) per far sentire la mia voce, per poter riaprire e salvare il salvabile. Non abbiamo bisogno dei vostri soldi, fateci solo lavorare in sicurezza e non chiediamo altro».

La rabbia e l'orgoglio di Elisabetta Dellantonio, figlia di ristoratori. Il Ristorante Miola di Predazzo venne fondato nel 1981 dai genitori, Piergiorgio e Antonietta.

«A Natale dovremmo festeggiare i 40 anni di vita».

Ma il timore è che ci sia poco da festeggiare. «A regime il locale può ospitare 70 persone. Col Covid abbiamo ridotto a 50. Abbiamo fatto corsi sulla sicurezza, abbiamo messo il plexiglas, l'igienizzante, abbiamo distanziato i tavoli. Abbiamo fatto tutto quello che ci è stato chiesto. Nel locale io lavoro in cucina, mio marito in sala, mio fratello Gianni al bar. Poi abbiamo tre stagionali. Li ho assunti a inizio dicembre pensando di lavorare. In gennaio sono andati in cassa integrazione e adesso il contratto scade».

All'orizzonte solo incertezza, sommata alla speranza di un'estate buona, «come è stata buona, anzi ottima, nonostante tutto, l'estate 2020». Ma il punto - dice Dellantonio - è che non siamo più nel 2020. «È passato un anno e i provvedimenti di compensazione non ci sono stati. Ci abbiamo rimesso la stagione invernale e ora la primavera. Siamo chiusi perché in zona rossa. Prima si faceva il pranzo. L'asporto? Sì, ma noi facciamo cucina tipica, non siamo una pizzeria. E poi, a livello normativo, si fanno disparità fra chi fa mensa e chi fa ristorazione. Nulla ha senso. Negozi di scarpe per bambini aperti e ristoranti chiusi... Sì a messa nelle chiese ma non al cinema. Così non va».

Elisabetta Dellantonio fa i conti e non solo per quanto riguarda gli incassi mancati: «Abbiamo assistito all'aumento dei positivi al Covid. Questo, molto semplicemente, significa che le chiusure dei ristoranti non sono servite. Evidentemente non è a pranzo e a cena, nel rispetto delle distanze, che la gente si contagia».

E il futuro? «Io dico solo che voglio tornare a lavorare. I soldi delle compensazioni lo Stato se li tenga e la Provincia idem. L'altra sera su Rttr ho visto l'assessore provinciale al turismo Roberto Failoni e i rappresentanti di albergatori e impiantisti. La Provincia pare intenzionata a stanziare, in tutto, da 100 a 250 milioni. Divisi fra tutti non potranno mai coprire le perdite. Abbiamo perso tutta la stagione invernale. Speriamo nell'estate ma siamo solo a marzo».

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