Travolge sciatore e scappa Incastrato da foto e skipass

di Marica Viganò

Hanno provato a negare, a fingere di non sapere nulla di un incidente in pista, ma sono stati «incastrati» da una foto scattata al pronto soccorso e dagli skipass. Due amici di Praga, in vacanza in val di Fassa con un gruppo di turisti della Repubblica Ceca, sono finiti a processo a Trento: accusato di lesioni personali e di omissione di soccorso il più «vecchio», 45 anni, nei guai per favoreggiamento il più giovane, 36 anni. Si è costituito parte civile lo sciatore travolto, un ingegnere napoletano di 67 anni che ha dovuto subire un intervento al polso a seguito dello scontro, con un conseguente stop forzato alla sua attività professionale.

L’episodio di cui si è discusso ieri dinnanzi al giudice Enrico Borrelli è accaduto nel febbraio 2017 sulla pista Zirmes nella skiarea Alpe Lusia - Bellamonte, sopra Moena, un tracciato di pendenza media, lungo circa tre chilometri. L’ingegnere stava sciando con la famiglia quando, trovandosi verso valle, è stato travolto da uno sconosciuto, rimanendo immobilizzato a terra. L’uomo che l’ha investito, caduto pure lui, si era rialzato allontanandosi senza informarsi minimamente sulle condizioni e senza avvisare i soccorsi.

L’ingegnere, nonostante lo shock per l’accaduto e il dolore per la ferita (successivamente ha dovuto sottoporsi ad un intervento al radio destro), aveva memorizzato alcuni particolari dello sconosciuto che l’aveva travolto; il caso ha voluto che l’abbia incrociato proprio al centro di primo soccorso traumatologico di Moena, dove anche l’investitore si era rivolto per sottoporsi a visita a seguito dello scontro. È stato in quel contesto che l’ingegnere ha scattato alcune foto e le ha consegnate alla polizia. A quel punto i dubbi erano davvero pochi: l’uomo fuggito dopo l’incidente era stato riconosciuto dalla vittima e la sua presenza al pronto soccorso era la prova del suo coinvolgimento nell’accaduto. Tuttavia il turista ceko ha fin da subito negato, avvalendosi della complicità dell’amico.

Non sono stati accertamenti semplici, quelli svolti dalla polizia del servizio piste, data anche la ritrosia di un testimone e del tentativo di sviare le indagini. Mentre lo sciatore 45enne è accusato di lesioni personali e di omissione di soccorso perché, perdendo il controllo degli sci, ha investito l’ingegnere napoletano ed è poi scappato omettendo di prestargli assistenza, il connazionale 36enne, contatto dagli agenti del soccorso piste, ha infilato un serie di menzogne: prima ha detto che avevano sbagliato persona e che il suo amico si trovava ad una sessantina di chilometri di distanza, poi di essere pure lui un poliziotto in servizio in Repubblica Ceca e che avrebbe chiamato il consolato. «Per ben tre volte i due imputati hanno mentito all’autorità giudiziaria, negando addirittura di trovarsi su quella pista» spiega il legale dello sciatore infortunato, l’avvocato Giusva Piantadosi di Napoli.

I due turisti ceki sono stati incastrati grazie alle foto scattate dalla vittima, ma anche attraverso gli skipass trovati nelle loro stanze: quel giorno si trovavano proprio sulla pista Zirmes.

I due imputati, che attraverso l’avvocato d’ufficio hanno presentato le loro memorie, ieri non erano in aula. Da parte loro non c’è stata alcuna risposta in merito alla richiesta formulata nella precedente udienza riguardo ad un risarcimento. Il processo è stato rinviato al prossimo giugno. «Il mio assistito è una persona per bene. L’episodio si sarebbe chiuso con una stretta di mano. Da parte nostra ci sarebbe stata questa volontà, ma dopo la fuga dell’investitore e l’omissione di soccorso non ci è rimasto altro che costituirci parte civile» evidenzia l’avvocato Giusva Piantadosi, parlando di danni patrimoniali e morali.

Non è stata presentata alcuna stima, rimettendosi alla decisione del giudice. Si valuterà poi se presentare il conto in sede civile. Solo per l’intervento chirurgico la spesa è stata pari a 5mila euro, cifra che potrebbe triplicare tenendo conto delle spese per la riabilitazione (a causa del peggioramente delle condizioni del polso è stato necessario inserire una protesi metallica) e della mancata possibilità per l’ingegnere di svolgere la propria attività lavorativa per circa due mesi.

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