«Con queste disposizioni ogni parto è un'emergenza»

La madre di Nicolò era arrivata all'ospedale di Cavalese alle 21.55, già in una fase avanzata di travaglio, e ha dato alla luce il suo terzo figlio con l’ostetrica, l’unica figura presente in reparto per l’assistenza al parto, perché l’elisoccorso non è riuscito ad arrivare in tempo. E sono scoppiate le polemiche

di Roberta Boccardi

«Quello che è accaduto a Cavalese è la dimostrazione che con questo "dispositivo" anche una gravidanza fisiologica sta diventando emergenza».

A dirlo sono le ostetriche, professioniste in prima linea in sala parto, che si rammaricano per l'immagine che la gente può essersi fatta della loro capacità di affrontare una situazione come quella dell'altra sera. Giovedì - lo ricordiamo - per una mamma in procinto di partorire, arrivata in ospedale «fuori orario» alle 21.55, e che quindi doveva essere trasferita a Trento, l'elisoccorso a causa di un'avaria non è arrivato in tempo. Tutto è andato bene, e la mamma assistita dall'ostetrica presente in ospedale ha dato alla luce Nicolò, 3,850 chili di salute. Proprio le ostetriche, loro che fanno accadere questi piccoli miracoli, non si riconoscono in queste modalità operative.

Commentando l'accaduto, infatti, aggiungono: «Quello che si è scatenato non è panico, ma disappunto, amarezza e senso di profonda ingiustizia per non poter dare un'assistenza senza interferenze. Invece di dover smuovere il mondo per un parto che non aveva bisogno di altro che dell'ostetrica e di un'èquipe medica presente se necessario com'è normale che sia». Di qui l'amara conclusione: «Ormai anche la fisiologica con questo dispositivo sta diventando emergenza!»

Ma che il sistema non funzioni lo ha riconosciuto anche Giovanni Zanon, presidente della Comunità territoriale di Fiemme che appresa la notizia ha dichiarato: «Non ci sono quelle condizioni di sicurezza che ci erano state garantite, questo sistema va rivisto per dare tranquillità alla nostra gente». Ma sono le stesse mamme di Fiemme e Fassa a chiedere di poter partorire con serenità. Claudia V. è la mamma del piccolo Nicolò, diventata «famosa» per aver partorito senza la presenza della «squadra volante» giunta in ritardo. E racconta l'ansia che ha preceduto il travaglio e la stranezza di essere l'unica ospite con il suo bambino del reparto maternità.

«Ci pensavo da tempo a questa cosa della sala parto aperta in orario d'ufficio: e se le contrazioni mi partono la sera? E difatti è successo come temevo: sono cominciate alle 7 di sera. Alle 21 mio marito Ruben ha detto "andiamo", già con il nostro secondo figlio era stato tutto abbastanza veloce. E per strada dicevo: "Vedrai, sicuramente mi mandano a Trento". Non solo il dolore, anche l'ansia di non sapere». In ospedale ad accogliere la coppia, l'ostetrica, che subito si mostra preoccupata perché sa di dover applicare le direttive e disporre per il trasferimento della partoriente. 

Fatto sta che ormai il travaglio è in fase avanzata. «Rivisitandomi per la seconda volta si è messa il camice e ha detto "lo facciamo nascere qui" - racconta Claudia - e io mi sono sentita subito sollevata. Poi è stato tutto velocissimo, quando ho guardato l'orologio erano le 22.30 e Nicolò era già nato». Insomma tutto è bene quello che finisce bene. «Ma non si può continuare così - dice questa mamma - noi donne siamo già in agitazione per la gravidanza, se poi dobbiamo anche pensare che non possiamo partorire nel nostro ospedale: è tutto così assurdo».


C'è però anche chi offre una lettura diversa, di quanto è accaduto, come questa ostetrica che ha scritto al nostro giornale:

«Ho letto con crescente sconcerto e irritazione l'articolo sul «parto forzato» a Cavalese pubblicato sull'Adige di sabato 20 febbraio. Una donna sana, alla terza gravidanza, arriva in ospedale e partorisce con l'aiuto dell'ostetrica. Dopo il parto sia lei che il bambino stanno bene. Dov'è la notizia? Dov'è lo scandalo? In base alle linee guida più recenti e autorevoli, essere assistita da un ostetrica, in autonomia, è per una donna sana il modo più sicuro di partorire. Anche all'ospedale Santa Chiara, basandosi su queste evidenze, il ginecologo e il neonatologo intervengono in una nascita solo ed esclusivamente su precisa richiesta dell'ostetrica, che è la professionista specificamente preparata e preposta a questo ruolo.

L'elicottero, «con rianimatori, infermiere, ginecologo e neonatologo è arrivato solo alle 22.50», prosegue l'articolo. Qui c'è un'inesattezza: il personale previsto dall'elisoccorso, in caso di situazioni fisiologiche (cioè normali), prevede la presenza di un medico rianimatore e di un'ostetrica. Il ginecologo, l'infermiere e il neonatologo sono un'aggiunta di chi ha forse ha scambiato l'elicottero per un airbus ... Si prosegue descrivendo il panico che avrebbe preceduto il parto in assenza di un pronto trasferimento.

Mi voglio augurare che si tratti di una esagerazione giornalistica, altrimenti mi dovrei scandalizzare del fatto che una collega esperta preferisca caricare in un elicottero (freddo, rumorosissimo ed estraneo) una gestante che sta per partorire piuttosto che assisterla con calma e competenza in un ambiente adeguato e familiare. Certo in questa fase di transizione tra un modello assistenziale è un altro ci possono essere momenti di confusione e disorientamento, ma spero non tali da perdere la capacità di una valutazione oggettiva della situazione!

Che dire poi della proposta di trasferimento a Trento di puerpera e neonato? Per fortuna qui interviene il buon senso della famiglia che constata come sia preferibile rimanere tranquilli a godersi quello che è il momento più piacevole e intenso della nascita: l'incontro con il bambino. Non ho certo partecipato alla decisione della chiusura dei punti nascita periferici, ma questo sensazionalismo, per non dire terrorismo psicologico non aiuta nessuno a valutare nella giusta luce i cambiamenti e a cercare le soluzioni possibili e adeguate.

Concludendo mi presento: mi chiamo Cristina Guareschi, sono ostetrica da più di 30 anni e da molto tempo mi occupo di assistere i parti domiciliari, che nella nostra provincia sono riconosciuti come pratica parzialmente rimborsabile. La gravidanza, la nascita di un bambino, la successiva fase di adattamento e accudimento sono esperienze fondamentali nella vita delle donne e delle coppie, oltre che naturalmente dei bambini e delle bambine. Vederli come passaggi importanti e degni di attenzione, sostegno e risorse è cosa più che condivisibile. Ritenere la medicalizzazione come la risposta più adeguata a questi bisogni è una posizione superficiale, riduttiva e ora anche scientificamente scorretta».

Cristina Guareschi

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