Veneto / Il caso

L'assessore Bottacin: "Cambiamo nome alla Provincia, diventi Belluno Dolomiti"

L'esponente della giunta regionale rilancia oggi una vecchia proposta. Il territorio attende ancora l'attuazione di un regime di autonomia, riconosciuto nelle norme regionali, e fa i conti con un deficit di autogoverno e con il fenomeno allarmante dello spopolamento e dell'emigrazione dei giovani

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BELLUNO. La Provincia di Belluno, da decenni in attesa dell'autonomia, potrebbe cambiare nome.

La proposta arriva dall'assessore regionale Gianpaolo Bottacin: il territorio dovrebbe chiamarsi "Belluno Dolomiti".

L'idea torna di attualità sulla scia del successo di visibilità che il Bellunese ha avuto durante il Festival della canzone italiana, dove è stato fra i protagonisti della vetrina di "Casa Sanremo".

Ora quest'area montana che si incunea fino al confine con l'Austria e che ospita la parte più estesa delle Dolomiti (circa i due terzi), intende sottolineare questa propria peculiarità, anche per favorire un rilancio, in una fase storica complicata, con le vallate che affrontano una drammatico fenomeno di spospolamento.

Bottacin (storico esponente bellunese della Lega) riprende una sua iniziativa analoga lanciata negli anni scorsi, quando fu per un breve periodo presidente appunto della Provincia.

Lo stesso assessore regionale ricorda che quell'idea nel 2010 ottenne il via libera dell'intero consiglio comunale: si intendeva esplorar ela possibilità del cambio di nome. Poi quella legislatura finì rapidamente senza che fosse stato possibile avviare l'operazione.

Altri, invece, proprio in quel periodo, hanno portato a termine il cambio di nome: si tratta di Confindustria di Belluno, che fin dal 2009 si chiama ufficialmente Confindustria Belluno Dolomiti.

Rievocando l'iniziativa politica di tredici anni fa, lo stesso Bottacin ha ricordato che l'idea "Belluno Dolomiti" aveva irritato qualcuno tra i vicini di casa dolomitici, specie l'allora presidente della Provincia autonoma di Bolzano, Luis Durnwalder.

Oggi, dunque, l'appello è rivolto all'attuale consiglio provinciale, affinché riprenda in mano quel progettò, che all'epoca si concretò comunque almeno in parte con la modifica del logo provinciale sul quale, da allora, c'è anche la scritta "Dolomiti".

Ma di là dalla questione del nome, la partita fondamentale per i cittadini bellunesi resta quella dell'autonomia.

Da decenni chiedono invano il riconoscimento di un regime istituzionale differenziato che consenta di adottare provvedimenti calati sulle esigenze di un territorio complicato come questo fazzoletto fatto di montagne e valli. Troppo spesso le politiche nazionali e regionali sono basate su visioni e necessità prettamente metropolitane o di pianura. Le aree montane non dotate di autogoverno soffrono, quelle autonome riescono a difendere un modello più capace di rispondere alle richieste delle popolazioni.

La lotta politica per l'autonomia del Bellunese ha ottenuto una decina d'anni fa un passaggio importante, con l'istituzione nel nuovo Statuto della Regione Veneto, di una forma di autogoverno, nel segno della "specificità" di una provincia alpina che ospita anche varie minoranze linguistiche. Ma le leggi attuative e il concreto trasferimento di competenze da Venezia a Belluno vanno a rilento. La Regione finora ha per lo più scaricato le responsabilità sul governo centrale e sulla scarsità di risorse finanziarie.

Ora, con l'avanzare della legge sull'autonomia differenziata delle Regioni ordinarie, si vedrà se arriverà una svolta anche per l'attuazione dell'autonomia bellunese, già normata nel quadro veneto.

Nel frattempo, la Provincia di Belluno deve fare i conti con il depotenziamento con cui la legge Delrio, fortemente voluta da Matteo Renzi, ha colpito questo importanbte ente di area vasta, fra l'altro con ricadute anche sui Comuni che hanno perso in parte un riferimento anche di supporto tecnico e progettuale.

Nell'attesa di una rinascita istituzionale, i territori più remoti di questa vasta zona montana fanno i conti con un esodo sempre più massiccio dei giovani. E ilm dato demografico oltre a indicare una marcata migrazione verso le aree meridionali e più popoloso della provincia, segna un arretramento generale del numero di abitanti, con la soglia dei 200 mila che ormai è a rischio.

Secondo le statistiche Istat aggiornate a fine 2022, la provincia di Belluno conta oltre 16 mila under trenta fra gli iscritti all'anagrafe dei residenti all'estero (senza contare chi è via senza indicarlo). Il dato ufficiale sulla fuga dei giovani cervelli registra un incremento del 10% negli ultimi tre anni, un'incidenza di 292 persone ogni mille abitanti: numeri da primato negativo fra le province del nord Italia.

Numero che richiedono uno scatto della politica e richiamano anche la necessità di nuovi strumenti di governo locale. Z. S.

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