Alda Guella, 42 anni di lavoro in municipio ora in pensione

di Chiara Turrini

Quando ha iniziato, nel 1973, c’era la lettera 32, macchina da scrivere. Quando ha finito, con la pensione, il primo marzo di quest’anno, c’è whatsapp, messaggistica per smartphone.

Alda Guella, classe 1954, di Tenno, è stata la prima segretario comunale donna trentina, esercitando la professione per quasi 42 anni dopo l’esordio a Roncone, prima a Tenno, per nove anni, e poi a Nago-Torbole dal 1989 ad oggi. È stata anche testimone di un cambiamento epocale, dalle ideologie degli anni Settanta ai referendum che hanno rivoluzionato la società, dall’innovazione dell’agenda digitale voluta dal governo al caos normativo della burocrazia italiana.
Ora Guella, che da sempre ha preferito un approccio silenzioso e schivo al suo mestiere, ha tempo per il marito, le amate passeggiate e i libri. Anche se «passerò a trovare i miei colleghi, l’entusiasmo per questo lavoro non è mai venuto meno», garantisce.
«Da quando ho cominciato è cambiato il mondo» ammette, ricordando i tempi del concorso pubblico per diventare impiegata del Comune di Tenno, vinto nel 1973. Primogenita, dopo di lei altri due figli, tutti a distanza di un anno e tutti, allora, diplomati con 60/60 al liceo classico. «Il mio sogno sarebbe stato fare medicina - confessa pur senza rimpianto - ma erano altri tempi. Non ho mai scelto le cose da fare, mi sono piuttosto adattata». L’ambizione non l’ha abbandonata: dopo qualche anno come impiegata, Guella inizia a studiare per diventare segretario comunale. «Preparai il concorso lavorando. Lo vinsi nel 1980, a Roncone Lardaro» ricorda. Non le piace dirlo ma si classificò prima in tutta la Provincia, diventando la prima donna trentina segretario comunale. Dal 1975 i segretari comunali in Trentino Alto Adige diventarono dipendenti del Comune, non più del Ministero degli Interni: una misura all’avanguardia che solo molti anni dopo verrà applicata nel resto d’Italia.
Che ricordi ha degli anni Settanta? «Prima di diventare segretario, mi ricordo i grandi referendum che hanno cambiato la società italiana: da quello del ’74 sul divorzio, al diritto di famiglia in materia di comunione dei beni. Erano gli anni dell’<+corsivo>austerity<+testo>, altri tempi. C’erano forti contrapposizioni in politica, consigli comunali lunghi e combattuti. Ricordo bene anche la legge Basaglia sugli ospedali psichiatrici e la riforma sanitaria. Allora abitavo a Roncone, in un appartamento del Comune. Vicino a me abitava un medico. Spesso di notte suonavano il mio campanello, confondendo casa mia con quella del dottore, perché la riforma, che introduceva le guardie mediche, era appena entrato in vigore e la gente non era ancora abituata».
Dagli anni ’70 ad oggi ci sono stati diversi momenti di svolta, nella pubblica amministrazione. «Sì, possiamo dire forse che c’era il periodo delle ideologie, finito negli anni Novanta. Poi è arrivata l’informatizzazione dei servizi: prima il lavoro era di tipo direi quantitativo, ora invece norme più rigide. I nuovi regolamenti hanno un po’ svilito forse il ruolo dei consiglieri di opposizione nei comuni. E negli ultimi anni è veramente difficile destreggiarsi con il caos normativo italiano che dagli anni 2000 ha accompagnato lo sforzo dello Stato di aumentare i diritti dei cittadini. E poi l’Europa e internet, altre svolte fondamentali».
La sua carriera si è sviluppata principalmente a Torbole. «Sì, è sempre stata una realtà non facile. Lì ho assistito a tre commissariamenti, ad esempio. Provo anch’io del rammarico per la questione dell’ex colonia Pavese. E avrei voluto vedere una nuova sede per il municipio. Ma da quel Comune ho avuto anche una grande soddisfazione: l’ex sindaco ha organizzato una cena per salutarmi, e ha invitato tutti i sindaci con cui ho lavorato. È stata una grande dimostrazione di affetto, riunire intorno a un tavolo coloro che un tempo erano avversari politici».

 

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Tra le mutazioni concretizzatesi in questi decenni c’è il minor peso concesso alle opposizioni dopo le successive riforme: non è indice di democrazia, pur aumentando sulla carta i diritti... «Teoricamente - è opinione di Alda Guella - i diritti sono aumentati, e con essi le possibilità di partecipazione. C’è però un paradosso: più diritti e meno fiducia da parte della gente, che si allontana dalle istituzioni, una volta maggiormente rispettate. Gli anni delle ideologie hanno visto partecipare generazioni storicamente vicine alla guerra, che avevano vissuto in prima persona l’assenza di libertà e capivano l’importanza di spendersi per i diritti. Forse oggi si dà tutto per scontato. Ma non è tutto semplice: resta una grande separazione tra chi ha e chi non ha gli strumenti per accedere ai servizi e alle informazioni digitali. Ben venga la tecnologia, che è utile strumento per la trasparenza, ma ci vorranno degli anni perché diventi per tutti. Io credo poi che la vera trasparenza - conclude la dottoressa Guella - sia la semplicità, degli atti e della burocrazia per i cittadini».

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