Slot machine a Rovereto Ce n'è una ogni 140 abitanti

In città ci sono 290 slot machine, una ogni 140 abitanti. Quindi chi ama questi surrogati di casinò non fatica granché a trovarne uno di proprio gusto. E il fenomeno non è più solo di costume, perché si trascina dietro code anche pericolose, come l'ormai noto rischio di cadere nella ludopatia, quindi nella dipendenza da macchinette ed affini. Ed è per questo che in Comune si rimetterà mano alla materia, cercando di tutelare soprattutto i soggetti deboli e quindi esposti al rischio dipendenza

di Chiara Zomer

slotROVERETO - In città ci sono 290 slot machine, una ogni 140 abitanti. Quindi chi ama questi surrogati di casinò non fatica granché a trovarne uno di proprio gusto. E il fenomeno non è più solo di costume, perché si trascina dietro code anche pericolose, come l'ormai noto rischio di cadere nella ludopatia, quindi nella dipendenza da macchinette ed affini. Ed è per questo che in Comune si rimetterà mano alla materia, cercando di garantire equilibrio tra il diritto degli esercenti e la necessità di tutelare soprattutto i soggetti deboli e quindi esposti al rischio dipendenza. Dopo il regolamento comunale e dopo le recenti sentenze del Tar che hanno messo freni abbastanza decisi ai limiti che si tentava di porre all'installazione di nuovi apparecchi, si torna a discuterne. Partendo però dalla fotografia dell'esistente. Da quella si inizierà un ragionamento che, martedì in giunta, dovrebbe portare alla proposta di nuovo regolamento da presentare in consiglio comunale.


Si parte dai dati, appunto. Che danno due indicazioni precise: le slot in città sono tante e, soprattutto, sono capillarmente sparse sull'intero territorio. In tutto sono state censite 290 macchinette, come detto. Una ogni 140 abitanti, neonati e centenari inclusi. Ma di queste solo una minima parte sono attivate nelle tre sale giochi aperte in città, che tutte assieme propongno non più di 60 slot. La maggior parte delle slot machine in realtà è disseminata sul territorio in altri luoghi, a partire da bar e ristoranti: 168 le attività censite, 160 le slot machine: non significa che ogni ristorante o bar propone ai clienti la possibilità di ammazzare il tempo con una solt. In realtà che ne ospita una, solitamente ne ospita altre. Mentre molti scelgono di non avere macchinette nel proprio locale.


Se la maggior parte, in termini numerici, delle slot è in bar e ristoranti, la parte del leone, in percentuale rispetto alla densità di questo tipo di esercizi, la fanno i tabacchini: ce ne sono 29 in città, e in tutto questo tipo di attività offre 66 slot machine. E anche in questo caso vale il discorso per cui in alcuni tabacchini c'è più di una slot, in altri non ce ne sono affatto. Anzi, mettendo insieme bar, ristoranti e tabacchini, pare che la maggior parte dei roveretani (il 60%) abbia detto no a questo tipo di guadagno. Le ultime 4 slot sono ospitate in alcuni dei 19 circoli privati, mense o club che la città ha da offrire.


Questa la fotografia dell'esistente, da cui sarà necessario partire per una nuova disciplina della materia. «È un settore che va regolamentato sia perché i riferimenti normativi sono cambiati dall'epoca in cui abbiamo approvato il regolamento, sia perché ora abbiamo un'idea più precisa dell'entità del fenomeno in città - spiega l'assessore Giuseppe Bertolini - ora si tratta di capire dove mettere i limiti».


In attesa delle scelte della giunta, che comunque dovranno passare al vaglio del consiglio comunale, restano speranzosi i tanti che si scontrano con l'aspetto oscuro del gioco. Non solo divertente passatempo, ma sempre più spesso dipendenza che sfascia patrimoni, quando non famiglie. Tra coloro che di queste persone si occupano, c'è Ama, l'associazione auto mutuo aiuto, che a Rovereto ha iniziato con il primo gruppo di sostegno 4 anni fa. E che tuttora assiste qualche decina di persone. «Nel tempo è aumentata la consapevolezza del proprio problema - spiega Paolo Dal Lago - perché le campagne informative hanno lasciato il segno. Ma la richiesta ai nostri sportelli è in aumento. Bene fanno i Comuni a tentare di regolamentare la materia. È ovvio che non basta, ma è l'unica cosa che possono fare, per contrastare un fenomeno che spesso mette in grandissima difficoltà  famiglie intere, oltre che i singoli colpiti da questo tipo di dipendenza».

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