Fondriest: «A Doha Mondiale strano ma teniamo d'occhio Trentin e Oss»

di Maurilio Barozzi

Vincitore del Mondiale di ciclismo 1988 a Renaix, Maurizio Fondriest, oggi non è particolarmente propenso a far correre le prova iridata in Qatar.

Fondriest, quali sono i vantaggi di organizzare un Mondiale a Doha?

«Ci sono pochi lati positivi. A partire dal pubblico: se si escludono gli addetti ai lavori, non c’è nessuno interessato. Manca completamente la tradizione di questo sport e lì le donne non possono uscire sole, gli uomini evidentemente non hanno troppa voglia di stare al caldo per vedere le gare. Così lungo la strada non c’è praticamente nessuno».

Dunque non è una buona idea nemmeno per ampliare il discorso ciclistico nel resto del mondo?

«Per quel motivo trovo una buona cosa che ci siano il Giro del Qatar e quello dell’Oman ma un Mondiale proprio no, non sono d’accordo. Inoltre, fermandoci a questo tracciato, possiamo anche dire che è troppo facile e ultimamente i tracciati facili sono un po’ troppo frequenti: oltre a questo, mi vengono in mente al volo anche Copenaghen e Zolder...».

Questo però potrebbe essere reso duro dal vento e dal caldo.

«È vero. Infatti sono proprio quelle le variabili da temere. Sono curioso di vedere come sarà interpretata la prima parte del tracciato: una strada retta in mezzo al deserto che però il gran caldo e il vento possono far diventare temibile. Per questo non escluderei sorprese».

Che genere di sorprese?

«No, nessuna sorpresa eclatante, ma penso che se ci sarà vento e caldo arriverà un gruppetto di una ventina di persone e allora vincerà chi ha il fondo e la capacità di sopportare le alte temperature. Penso a uomini veloci e da classiche, qualcuno che ha già corso anche il Tour de France».

Qualche nome?

«Mi pare che Kittel sta dimostrando di andare forte e starei sempre attento a Sagan che riesce a trovare stimoli in ogni occasione. Anche se su di lui non saprei quali effetti potrà sortire il caldo».

E i nostri azzurri?

«Andiamo là giocando la nostra partita puntando soprattutto su Viviani e Nizzolo. Io però ho il sospetto che belgi e olandesi non ci tengano ad arrivare a una volata generale e, a prescindere dalle condizioni meteo, cercheranno di fare corsa dura. Certo, come si mette la gara lo stabiliranno i primi 150 km che per la prima volta in un Mondiale hanno queste caratteristiche: piatti e probabilmente ventosi».

Nel tuo identikit del possibile vincitore, uomo da classiche che ha già corso il Tour de France si possono leggere anche i nomi dei due trentini convocati, Matteo Trentin e Daniel Oss: entrambi capaci di ottime performance nelle classiche, entrambi già passati per il Tour. Trentin anche con un paio di successi di tappa...

«Trentin ha dimostrato di essere in grande forma. Il quarto posto alla recente Parigi-Tour, una corsa tirata e molto lunga, è l’esempio di come la gamba stia girando bene. Il punto di domanda resta il caldo perché si parla di 38 o anche 40 o 45 gradi. Probabilmente a queste temperature nessun atleta si conosce abbastanza bene, però lui ha fatto il Tour e quindi ha presente cosa significa correre nel caldo torrido. Certo è che se si arriverà in volata, Trentin dovrà lavorare per Viviani e Nizzolo, ma se invece la corsa prende una piega diversa è un uomo che può fare risultato».

E Oss?

«Tutto sta a come si mette la corsa nel deserto. Se ci sarà vento un uomo come lui, che anche nella recente cronometro a squadre ha dimostrato di saper andare fortissimo e tenere la velocità a lungo, può diventare importantissimo per l’Italia».

Italia che ormai da anni non vince niente. Sbagliamo nella tattica?

«Per vincere un Mondiale o un’Olimpiade ci vogliono i corridori. Se Nibali a Rio rischiava un po’ meno su quell’ultima discesa arrivava al podio sicuro e forse vinceva e allora saremmo a fare altri discorsi. Il Ct conta, ma fino a un certo punto. Inoltre, a ben guardare, negli ultimi anni quante volte ha vinto un corridore grazie al lavoro di squadra e quante invece un corridore “solitario”? Tra Sagan, Kwiatkowski e Rui Costa, mi pare che gli esempi di uomini senza squadra non manchino».

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