Salute / La storia

Sedicenne ha mal di testa, ma è un cavernoma: salvato dalla neurochirurgia di Trento

L’intervento chirurgico durato ore al Santa Chiara per rimuovere il cavernoma cerebrale posizionato vicino al cervelletto, utilizzando un microscopio chirurgico avanzato che consente di elevatissimi ingrandimenti e il massimo risparmio del tessuto cerebrale. La madre del ragazzo: «Sono grata»

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di Patrizia Todesco

TRENTO. Un mal di testa che inizialmente sembrava quasi una scusa per saltare un compito in classe. Perché nessun genitore, davanti ad un figlio di 16 anni che dice che sta poco bene pensa che quello possa essere il segnale di una grave patologia. E inizialmente non lo hanno pensato nemmeno i medici del pronto soccorso che hanno visitato il ragazzo. E, invece, dietro a quel mal di testa, si nascondeva una patologia che stava mettendo in serio pericolo la sua vita.

Fortunatamente, grazie ad un delicatissimo intervento chirurgico che ha visto protagonista l'equipe del reparto di neurochirurgia dell'ospedale S. Chiara, Aron e la sua mamma sono finalmente tornati a sorridere e quel cavernoma cerebrale, questo è il nome della patologia di cui il giovane era affetto, è un ricordo. Un ricordo che però mamma Besire, kosovara d'origine ma da vent'anni in Trentino, vuole condividere, anche per ringraziare del "miracolo" che ha vissuto.

Un rinascita, quella di suo figlio, della quale sarà per sempre grata dal dottor Silvio Sarubbo e al suo team. «Tutto è iniziato una mattina con uno strano mal di testa. Mio figlio, che non si lamentava mai per nulla, mi ha detto che non se la sentiva di andare a scuola e preferiva stare a casa. Ho pensato che ci fosse qualche compito in classe. Anche da un primo consulto al pronto soccorso sembrava non fosse niente. E invece quel mal di testa, a distanza di qualche giorno si è ripresentato». Proprio quel giorno, però, il ragazzo doveva partecipare ad un concerto a Tione a cui teneva molto. Per questo, nonostante il malessere, aveva preferito andare.

«Io però ero in pensiero e infatti l'ho chiamato più volte. Mi sono preoccupata molto quando ho sentito che rispondeva alle domande in modo strano, confuso. L'ho riportato al pronto soccorso e lì una Tac ha rivelato che c'era un cavernoma cerebrale sanguinante. Una patologia familiare, della quale hanno sofferto anche le mie sorelle, ma nel caso di mio figlio il problema era sia il sanguinamento che la posizione, vicino al cervelletto».

A quel punto è stato necessario procedere velocemente con l'intervento chirurgico. «Quando l'emorragia si sviluppa in una regione profonda e molto delicata quale il cervelletto a ridosso del tronco encefalico i casi sono complessi. Si tratta di una regione anatomicamente molto ristretta e nella quale vi è poca tolleranza all'effetto di pressione provocato dalle emorragie», spiega il dottor Sarubbo.

Aggiunge: «Le emorragie in questa sede sono definite atipiche, e sono spesso provocate da malformazioni vascolari. In tutti i casi di questo tipo si arriva ad una diagnosi e ad un corretta pianificazione in tempi molto rapidi, che queste situazioni richiedono, sfruttando tutti mezzi più moderni e le competenze a disposizione dell'Ospedale "S. Chiara". In collaborazione con i colleghi della neuroradiologia e della radiologia sono state eseguite una angiografia cerebrale digitale ed una risonanza magnetica con sequenze particolari».

La preparazione di un intervento del genere in condizioni di urgenza richiede poi un tempismo ed una preparazione rianimatoria impeccabili. «Da questo punto di vista abbiamo a Trento la fortuna di avere una Terapia Intensiva Neurochirurgica dedicata che costituisce la struttura ideale dove preparare i pazienti da sottoporre ad interventi così critici, e soprattutto ci consente di seguirli dopo l'intervento nel modo più accurato possibile». Competenze dei professionisti e tecnologia in questo caso vanno di pari passo.

L'intervento di asportazione della emorragia e della malformazione vascolare che la provoca viene eseguito con un microscopio chirurgico avanzato che consente elevatissimi ingrandimenti ed il massimo risparmio del tessuto cerebrale, la neuronavigazione, ed anche il controllo dei vasi con la video-angiografia intra-operatoria.

«Le competenze della Terapia Intensiva Neurochirurgica - conclude Sarubbo - ci consentono di seguire questi pazienti in un'altra fase estremamente delicata e fondamentale negli interventi neurochirurgici che è quella delle giornate immediatamente successive all'intervento. La cavernomatosi cerebrale è una patologia rara, ma soprattutto non è frequente un sanguinamento che metta a rischio la vita dei pazienti. L'asportazione di queste malformazioni vascolari e delle emorragie che provocano sono ad oggi il trattamento più opportuno in questi casi, così come un attento follow-up dei pazienti e dei loro familiari».

Per Aron e la sua mamma sono stati giorni di paura e di grande apprensione. «Ma mi sono affidata al dottor Sarubbo e alle sue "mani magiche". Ora mio figlio è tornato a fare una vita normale. Scuola, musica, gli amici. Non posso che ringraziare sia per l'intervento che per il sostegno che abbiamo ricevuto dopo».

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