Giovani / Il progetto

Una terapia “digitale” contro dolore e pregiudizi per le donne che soffrono di vulvonia

Gaia Salizzoni (27 anni) e Vittoria Brolis (25 anni) sono due under 30 trentine che hanno dato vita ad «Hale», una startup con una piattaforma virtuale a chi subisce le conseguenze di tale patologia. Hanno ricevuto il sostegno di un incubatore berlinese

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di Giada Vicenzi

TRENTO. Le chiamano "malattie invisibili", ma la sofferenza che provocano è reale. Esistono da sempre, ma sono ancora poco conosciute, persino dai medici: vengono diagnosticate con un ritardo che va dai 4 ai 7 anni. Ne soffre una donna su quattro, ma solo di recente e solo parzialmente sono state riconosciute dal Sistema sanitario nazionale. Stiamo parlando di una serie di patologie che ricadono sotto il termine ombrello di "dolore pelvico cronico": endometriosi, vulvodinia, vaginismo, cistite interstiziale.

In comune hanno la sintomatologia persistente, cronica e invalidante. Il fatto che queste patologie colpiscano le donne nella loro intimità, le ha rese un tabù di cui anche oggi è difficile parlare. Ma le cose, per fortuna, stanno cambiando: merito di tante donne - attiviste e influencer, come Giorgia Soleri - che, stanche di anni di sofferenze e cure inefficaci, hanno condiviso le loro storie e hanno deciso di unirsi per migliorare la propria qualità di vita. Tra queste anche due giovani trentine: Gaia Salizzoni, 27 anni, e Vittoria Brolis, 25 anni.

Laurea magistrale in Management dell'innovazione, la prima; per la seconda, invece, laurea in Economia e Scienze Sociali. Poco più di un anno fa hanno dato vita a Hale, una startup e una piattaforma virtuale che riunisce e accoglie le persone che soffrono di dolore pelvico cronico, offrendo soluzioni concrete per stare bene. Sostenuta da un incubatore berlinese, lo scorso autunno Hale è stata votata al Social Innovation Tournament dello European Investment Bank Institute come migliore impresa sociale in Europa e oggi si prepara a lanciare la prima App.

Come vi siete conosciute e come avete deciso di impegnarvi per fare informazione sul dolore pelvico cronico?
Ci conoscevamo fin da bambine, ma in anni recenti ci siamo ritrovate a causa delle nostre storie simili: entrambe condividiamo purtroppo questa problematica e proprio questa condivisione ci ha spinte a uscire allo scoperto. Il nostro primo progetto in tal senso è stato "Body Gaming", realizzato nel 2021 nell'ambito del Piano Giovani di Trento: un percorso dedicato alle giovani per creare consapevolezza in ambito sportivo sull'importanza del benessere del pavimento pelvico e sulle possibili disfunzioni correlate.

Da quella prima esperienza, avete proseguito facendo divulgazione sui social: come vi hanno aiutato gli strumenti digitali?
Abbiamo aperto una pagina Instagram, @halecommunity, per diffondere informazioni su queste patologie in modo chiaro, empatico e comprensibile. Migliaia di persone hanno iniziato a seguirci, a contattarci, a raccontarci le loro esperienze. Abbiamo capito che queste problematiche erano molto estese, che c'era bisogno di informazione, di condivisione e di soluzioni concrete. Cerchiamo di supportare quotidianamente chi soffre di queste patologie, offrendo consigli e buone pratiche. Si tratta purtroppo di condizioni croniche: sapere di non essere sole, avere supporto nelle attività di cura quotidiane è di grande sollievo.

E così è nata una piattaforma digitale dedicata alle persone che soffrono di dolore pelvico cronico: che tipo di supporto offre?
Insieme al nostro Comitato Scientifico abbiamo costruito il nostro primo supporto digitale: si chiama Wave, e consiste in 8 settimane di percorso per migliorare il benessere mentale e sessuale di chi soffre di dolore pelvico cronico. Si articola in sessioni accessibili dove e quando si vuole, basate su tecniche di psicologia e sessuologia che sono state rese specifiche per questo tipo di patologie. Oltre a ciò, la piattaforma offre uno spazio di community ristretta per confrontarsi e supportarsi tra pazienti.

L'obiettivo è quindi cercare di ridurre l'impatto del dolore nella quotidianità?
Sì, il percorso fornisce sia strumenti concreti e quotidiani - quale biancheria intima indossare, quali sport evitare, come avere una sessualità senza dolore -, sia esercizi per riprendere contatto con il proprio corpo. Uno dei risultati di cui siamo più contente è una diminuzione dell'interferenza del dolore nella vita quotidiana del 34%, grazie al nostro percorso.

Un esempio di "terapia digitale"…
Esatto, abbiamo deciso di sfruttare i lati positivi degli strumenti digitali per offrire supporto alle donne che ne hanno bisogno, rendendo disponibili soluzioni e consigli che ciascuna di noi può mettere in pratica per stare meglio. Ci siamo concentrate su un aspetto che in genere in queste patologie è spesso ignorato: il nostro benessere mentale e sessuale, o vedendola in modo più olistico, la qualità della vita di chi soffre.

Il vostro è un approccio che mette al centro la persona: perché è fondamentale?
Perché le pazienti sono quelle che quotidianamente convivono con il dolore cronico, la medicina deve iniziare a studiare davvero il corpo femminile, e perché deve cambiare il rapporto medico-paziente. Per questo non ci limitiamo a dare supporto terapeutico e sociale con la community: cerchiamo di promuovere una ricerca scientifica che tenga maggiormente conto dell'esperienza delle pazienti. L'approccio è quello del co-design: progettare insieme soluzioni coinvolgendo chi è un esperto per conoscenza - i medici - e chi è un esperto per esperienza - le pazienti. In questo percorso abbiamo il sostegno dello "Startup Incubator" di Berlino, che ci sta connettendo a realtà allineate con questa visione.

Quindi Hale ha raggiunto ormai una dimensione europea. E all'orizzonte ci sono altre novità?
Lanceremo a breve una App per smartphone, che sarà il punto di riferimento per tutte le persone che hanno bisogno di informazioni, consigli, sostegno per il dolore pelvico cronico. Chi desidera seguirci ed entrare in contatto con Hale al momento può comunque fare riferimento a Instagram, che è il nostro primo canale e che aggiorniamo quotidianamente. In alternativa sul nostro canale Telegram.

Per quanto riguarda il ritardo diagnostico e l'accessibilità delle cure, cosa andrebbe fatto?
Chi soffre di queste patologie deve poter accedere a percorsi di diagnosi e cura in modo gratuito: qui è fondamentale che anche la politica e le istituzioni facciano la loro parte. Dobbiamo ringraziare l'attivismo e i social network se queste patologie ora sono conosciute e se ne parla. Ma bisogna anche arrivare al riconoscimento da parte del sistema sanitario nazionale e alla ripartizione dei costi delle terapie tra la collettività. E poi ci sono ancora tanti tabù da abbattere: per poter parlare di benessere sessuale e mentale occorre un cambiamento culturale importante, che come tale richiederà anni. Sentiamo in questo di poter contribuire insieme ad altri attori dell'ecosistema e di poter offrire strumenti immediati per prendersi cura di sé. Vogliamo creare soluzioni per l'oggi.

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