Scuola / Il dibattito

Presidi trentini, no al congedo mestruale: bocciata la proposta della Rete locale degli studenti medi

L'obiettivo degli attivisti è di inserire nei regolamenti il diritto di avvalersi di due giorni al mese di mancanza dalle lezioni in concomitanza con il ciclo senza che queste pesino sul computo totale delle assenze. Ogni anno si aggiungerebbero 20 giorni di assenza ai 50 consentiti a tutti gli studenti

RAVENNA Sì al permesso 

di Fabio Peterlongo

TRENTO. La richiesta del congedo mestruale si diffonde nelle scuole di tutta Italia. E la proposta arriverà anche in Trentino, come anticipato dalla Rete locale degli studenti medi. Ma i presidi trentini sono cauti: «Le misure per tutelare il benessere delle studentesse ci sono già, basta un certificato medico».

L'obiettivo degli attivisti è di inserire nei regolamenti scolastici il diritto di avvalersi di due giorni al mese di assenza in concomitanza con il ciclo mestruale senza che queste pesino sul computo totale delle assenze. Fin qui nulla di nuovo: è infatti già previsto che in presenza di un certificato medico, le assenze non siano conteggiate nel massimale del 25% di giorni d'assenza per anno.

L'elemento di novità sarebbe però il seguente: per accedere ai giorni di congedo mestruale basterebbe un unico certificato medico (non ripetuto di mese in mese). Non sono infatti infrequenti negli anni dello sviluppo, cicli mestruali estremamente debilitanti, campanello d'allarme di problemi ulteriori, come dismenorrea ed endometriosi. Ma ogni anno il congedo mestruale aggiungerebbe 20 giorni d'assenza ai 50 consentiti a tutti gli studenti: non sono proprio pochi. Il rischio è che si crei attorno alle studentesse un clima di sospetto, che vengano tacciate di "privilegio". Ne abbiamo parlato con alcuni esponenti del mondo scolastico trentino.

Iniziatrice della proposta è la Rete studenti medi, con la portavoce locale Mariateresa Graziano: «Vorremmo presentare una delibera ai consigli d'istituto - ha spiegato - perché vengano concessi fino a due giorni mensili di assenza non conteggiati, inizialmente anche portando un certificato medico se necessario, ma soltanto una volta e che valga per tutte».

L'obiettivo è quello di dare spazio alle problematiche che rimangono sottaciute: «Vorremmo che questo fosse solo il punto di partenza per un ripensamento generale dell'educazione sessuale e della formazione sulle tematiche di genere nelle scuole», ha indicato Graziano.

Di fronte all'obiezione che alcune ragazze potrebbero fare un uso distorto del congedo, magari approfittandone, Graziano risponde: «Noi pensiamo al congedo mestruale come due giorni a disposizione di tutte da utilizzare con coscienza e consapevolezza». E sul fatto che i ragazzi possano sentirsi discriminati, Giuliano replica: «Non si possono paragonare i malesseri occasionali dei ragazzi con i disturbi anche importanti di cui molte soffrono regolarmente a causa del loro ciclo mestruale».

Sul tema abbiamo sentito il preside Paolo Pendenza, presidente dell'Associazione Dirigenti Scolastici, il quale esprime perplessità: «Il benessere degli studenti deve essere centrale. In questa fase post-covid vediamo un aumento significativo delle richieste di aiuto agli sportelli scolastici - riflette il preside - Ma vedo questo del congedo mestruale come un tema di dettaglio all'interno di un disagio molto più diffuso. Le ragazze con cicli dolorosi hanno già la possibilità di avvalersi delle assenze presentando un certificato medico. Resto un po' perplesso di fronte alla proposta di un certificato medico "in bianco"».

Di simile avviso la preside Laura Zoller, dirigente scolastico dell'ITT Buonarroti, scuola a maggioranza maschile, ma con una presenza femminile combattiva: «Le nostre ragazze hanno installato nei bagni le "tampon box" dove possono trovare gli articoli per i quali si auto-tassano, è un gesto di solidarietà - riflette la preside - Ciò detto, dove c'è un problema di dolore mestruale importante con certificato medico, le assenze non vengono conteggiate. Quella del congedo mestruale mi pare una battaglia di principio che si sta ingigantendo. E non dimentichiamo che la scuola deve educare anche alle sfide della vita, spesso il mondo del lavoro non prevede queste attenzioni».

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