Viaggio nel business del cibo a Trento In centro storico i ristoranti sono 30

di Matteo Lunelli

Prendete il cuore del centro storico di Trento, indicativamente tra piazza Battisti e piazza Fiera, piazza Duomo e piazza Venezia: ecco, in quest'area non avrete problemi se siete a caccia di un posto dove pranzare o cenare.

Ci sono, infatti, la bellezza di trenta ristoranti e pizzerie. E abbiamo considerato solo le cosiddette tavole calde, escludendo quindi bar che, magari solo a pranzo, fanno cucina, paninoteche, piadinerie, pizze al taglio e simili. Ed escludendo anche, per motivi solo «logistici», e ci perdoneranno i gestori, molti locali in realtà molto vicini alla zona presa in considerazione (pensiamo, ad esempio, alla Mostra, al Green Tower, all'Antico Pozzo, da Albert, al Volt e molti altri ancora).

Altrimenti il numero sarebbe diventato cinque volte maggiore: nella zona a traffico limitato di Trento, infatti, la somma di bar e ristoranti è di 152. Centocinquantadue attività che danno la possibilità a migliaia di trentini e turisti di bere un caffè, una birra o uno spritz, di mangiare una pizza, una carbonara o uno stinco. 

Allargando il discorso a livello provinciale, per rendere l'idea di quanto importante sia il mondo dell'enogastronomia in Trentino, i dati dicono che circa 36 mila persone lavorano nei pubblici esercizi (il 16% dei lavoratori totali) e che il fatturato totale, secondo uno studio pubblicato l'anno scorso da Banca d'Italia, è di 827 milioni di euro. 

Tornando a Trento, o meglio all'area e ai locali presi in considerazione, un dato emerge con forza: negli ultimi anni, a fronte di un periodo di crisi economica, nessuna attività ha chiuso, e anzi ne sono nate di nuove (Terramia e La Corte, giusto per citarne due) e ci sono stati degli ampliamenti (Old e Uva e Menta, ad esempio). Inoltre entro qualche mese ci saranno altre due novità: Alessandro Dietre, titolare di Loto e Plan, aprirà un terzo ristorante in via Calepina e si rialzerà la serranda anche all'ex Due Giganti in via del Simonino. 

Ma quindi aveva ragione chi sosteneva, nel 2011, che «la crisi non c'è: l'Italia è un Paese benestante perché i ristoranti sono tutti pieni»? La frase era di Silvio Berlusconi, ma il concetto sostanzialmente identico è stato ribadito recentemente anche da Matteo Renzi, quando ha detto agli italiani che «la ripresa è iniziata, andate in ferie tranquilli».

Certo guardando la mappa si potrebbe pensare che i due leader avessero ragione: se c'è offerta vuol dire che c'è domanda e se si apre invece di chiudere è un buon segnale. Nel caso di Trento un certo benessere non è mai mancato e il pranzo o la cena fuori casa non sono più prassi solamente domenicali. Poi c'è il turismo, che sicuramente ha influito nell'ampliare il ventaglio di offerte. Infine ci sono delle considerazioni più tecniche, legate alle leggi, ovvero a normative che aiutano nell'apertura, e una maggior facilità nell'ottenere le licenze.

Un altro aspetto, non meno significativo, di questi numeri è legato al lavoro: ad oggi 278 persone sono impiegate nei trenta locali selezionati. Un numero, in realtà, massimo, considerato che sono compresi anche lavoratori stagionali, assunti magari con l'apertura dei giardini esterni o dei mercatini di Natale. In tutto, ma anche qui si tratta di un numero potenziale massimo, 3.705 clienti possono trovare un posto a sedere. Della serie, pancia mia fatti capanna.


 

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Una città dentro la città, volendo. Numeri alla mano, quello composto da titolari, camerieri, cuochi, pizzaioli e lavapiatti in centro storico a Trento è un vero e proprio mondo. Nella nostra analisi, nella nostra fotografia della ristorazione nel cuore della città, abbiamo parlato con i trenta titolari o collaboratori dei locali «prescelti».

E con alcuni abbiamo, spiegando i motivi che ci hanno spinto a realizzare questa inchiesta, fatto il punto della situazione. 

Nicola Malossini del Forst è uno dei volti più noti dell'enogastronomia cittadina. Che sottolinea come non sia tutto oro quello che luccica. «Potrebbe sembrare che il nostro settore non conosce crisi, ma la situazione va analizzata nel dettaglio. Prima di tutto le nuove aperture in centro storico sono o saranno fatte da persone che hanno già dei locali in città: quindi non "novelli" del mestiere, ma persone che acquistano o gestiscono il terzo, quarto o quinto locale. Il boom di aperture, inoltre, non corrisponde necessariamente a un boom dei consumi. Il nostro bacino d'utenza non è quello di Verona o Milano, anche se qualcosa il turismo ha portato. Diciamo che gli incassi dei ristoranti vanno di pari passo con quelli del Muse.

Però a Trento il turista lo percepisci a luglio e agosto, in settembre un po' di tedeschi, poi novembre e dicembre con i mercatini. Da febbraio a giugno lo vedi in cartolina?». Malossini, vista la sua esperienza e considerato che gestisce uno dei locali storici e più conosciuti in centro, consiglierebbe a qualche giovane di lanciarsi nell'avventura della ristorazione? «Con le nuove aperture si mangia sempre qualcosa ad altri e il più piccolo deve riuscire a crearsi una propria nicchia.

Certo, l'ideale è che tutto il fermento che effettivamente c'è riuscisse a essere complementare, quindi riuscire a darsi una mano a vicenda in quella che è la "catena", ovvero aperitivo, ristorante e serata post cena». Infine un considerazione. «Sommando i ristoranti del centro storico credo si arrivi a qualche migliaio di persone tra camerieri, cuochi e gestori: tutte queste persone dove parcheggiano?». 

Tornando al tema del turismo, Niko Marzari dei Tre Garofani, lancia la propria proposta: «Credo ci vorrebbe maggiore attenzione per eventi di interesse internazionale. Muse, Buonconsiglio, Diocesano possono attirare tante persone, perché il turismo culturale non soffre la crisi. Da febbraio a maggio la città soffre di un periodo sostanzialmente senza eventi: questo vuoto potrebbe essere colmato per vivacizzare la città e per aumentare l'indotto». Il ristorante di via Mazzini ha un'offerta gourmet di qualità: una scelta vincente nell'epoca del panino veloce? «Per essere competitivi abbiamo voluto puntare su un menù diverso e i risultati ci stanno dando ragione. Arrivano clienti di estrazione molto differente, compresi studenti universitari. In generale il settore è vivace, non ci sono sofferenze evidenti e se si apre vuol dire che la richiesta c'è». 

A proposito di nuove sfide, Giovanni Calzà aprirà con il proprio gruppo, che già gestisce, tra gli altri, Grotta, Rosa d'oro e Petrarca, gli ex Due Giganti. «Il fatto che in centro ci siano così tante proposte non è in assoluto un dato positivo. Di sicuro si tratta di una fetta di mercato importante, ma le aperture non sempre sono sintomo di una business in crescita. La coperta a Trento è quella che è, si cerca di tirarla verso la propria attività, ma poi altre restano scoperte. Noi abbiamo voluto riqualificare, facendo dei lavori alla Grotta e rinnovando gli ex Due Giganti, per dare ai clienti un qualcosa in più. Il turismo? Qualcosa ha portato, ma teniamo conto che al Muse arrivano pullman e pullman di studenti, e quelli poi non si riversano certamente in centro per mangiare».

Pone l'attenzione sull'offerta Vera Boni del Moki : «Noi abbiamo proposte differenti: proponiamo cene a tema e la cucina tradizionale del mondo, da quella del Perù alla Persia, passando per Giappone e altri Paesi. Trento non è così turistica, se non in particolari momenti, e quindi crediamo sia necessario puntare sulla qualità e l'innovazione». 

Marco Antonucci del Fiorentina , diventato da un paio d'anni anche ristorante, sottolinea che «la città è diventata sempre più turistica e poi è cambiato anche lo stile di vita delle persone, che sempre più spesso pranzano fuori casa».

Spostandoci in piazza Duomo, Paolo Pisoni del Tiki Lounge sottolinea che «noi siamo tra i pochi, se non gli unici, a mettere a disposizione anche assortimenti vegani per i nostri clienti. Abbiamo notato che questa cosa funziona particolarmente bene, soprattutto per i turisti che spesso hanno richieste particolari».

Alessandro Bettucchi , proprietario dello Scrigno, pone invece l'attenzione sulle nuove aperture in zona: «Penso che dovrebbe esserci più parsimonia nel rilasciare le licenze, perché spesso si vedono attività gestite in modo poco organizzato. Ogni ristorante che contribuisca a portare lustro alla nostra città o che organizzi manifestazioni ed eventi che allietino la serata alle persone è ben accetto ovviamente, ma come ho detto bisognerebbe prestare più attenzione». (Ha collaborato Nicola Maschio).

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