Stop ai tamponi gratuiti anche per anziani e fragili

I tamponi rapidi per il Covid potranno essere eseguiti dai medici di medicina generale solo in libera professione. Tradotto, saranno a pagamento per tutti i cittadini, compresi fragili e anziani. A deciderlo è stata la Provincia, con una nota invita via mail ai medici di famiglia. «Una Pec senza alcun incontro e senza alcuna condivisione: dall’1 giugno saltano gli accordi provinciali per i test rapidi», spiega Valerio Di Giannantonio, medico di base e segretario provinciale Fimmg. Fortunatamente l’emergenza pandemica è terminata, come ha dichiarato l’Organizzazione mondiale della sanità, e la situazione sanitaria attuale dal punto di vista del Covid è fortunatamente sotto controllo. Ma, spiega la Fimmg, nella comunicazione dell’Oms c’è anche un avvertimento: «La cosa peggiore che i Paesi possano fare ora è usare questa notizia per abbassare la guardia, per smantellare il sistema che hanno costruito e per lanciare alla gente il messaggio che il Covid non è più qualcosa di cui preoccuparsi». Tornando alla decisione dell’assessorato alla salute, Di Giannantonio fa un esempio pratico: «Come medico di famiglia magari vengo chiamato a valutare a domicilio un paziente fragile, anziano e malato, per la comparsa di sintomi suggestivi per Covid (febbre, tosse, vertigini). Prima di entrare a casa indosso maschera FFP2, calzari, camice monouso. Entro dentro, lo visito, confermo il sospetto Covid. A quel punto so che posso prescrivere l'antivirale (nirma-trelvir e ritonavir, che riduce la possibilità che il mio assistito venga ricoverato, finisca in rianimazione o muoia) solo in caso di positività al SarsCov2. Quindi è necessario un tampone di conferma: prendo il kit, ma viste le nuove direttive devono chiedere al paziente “Scusi, ha il bancomat? Aspetti, devo uscire”. Mi svesto, prendo il pos, mi rivesto, rientro, faccio strisciare il bancomat e poi procedo al tampone». Ancora: «Come spiegare tutti i giorni agli assistiti che accedono ai nostri ambulatori con sintomi suggestivi per Covid, per i quali abbiamo bisogno del tampone per una diagnosi differenziale e che sono restii ad una procedura comunque fastidiosa, che devono anche pagarci per farla? Noi siamo il loro medico di fiducia». Oltre ai metodi - il dottore spiega che semplicemente parlandosi e scambiandosi le opinioni si sarebbe trovato facilmente un accordo - e alla questione sanitaria, c’è anche la parte più strettamente sindacale. «Non siamo degli interruttori che si accendono e spengono: si discute prima di un accordo ma anche dopo. Inoltre al momento di quella firma ci era stato detto che ci avrebbero messo a disposizione attrezzature per il supporto delle visite a distanza (pulsossimetri, glucometri, analizzatori INR) e per la diagnostica di I livello (ECG, Holter cardiaci, ecografi), ma non abbiamo visto nulla di tutto ciò. E non sappiamo nulla nemmeno sul tavolo di monitoraggio che avrebbe dovuto riunirsi ogni due mesi». Infine il dottor Di Giannantonio fa una considerazione più generale: «Le parole “condivisione”, “investimenti”, “vicinanza” che ascoltiamo ogni volta la Provincia disserti sulla medicina territoriale poi si rilevano fumo negli occhi. Dove sono i fatti? Dove sono gli atti di programmazione per le forma aggregative professionali che dovevano essere definiti entro ottobre 2022? Dove sono i bandi per il Corso di Formazione Specialistica in Medicina Generale, che hanno già un ritardo di 85 giorni? I medici di medicina generale disponibili sul territorio sono sempre meno e sempre più sono i cittadini senza il proprio medico di famiglia, come sta succedendo a Gardolo. Inoltre l’attrattività verso colleghi giovani o di altre regioni nasce anche dalla consapevolezza di essere coinvolti nelle decisioni che incidono sul lavoro quotidiano. E questo non sta accadendo».

comments powered by Disqus