Cern, collisioni record per scoprire i segreti della materia

Riuscire finalmente a capire che cos’è la materia oscura e misteriosa che occupa circa il 25% dell’universo, sapere perché dopo il Big Bang la materia di cui siamo fatti ha avuto la meglio sull’antimateria, e magari scoprire nuove dimensioni: è solo un assaggio dei territori inesplorati che la cosiddetta nuova fisica ha già cominciato ad esplorare e che continuerà a studiare nei prossimi tre anni.

Per la prima volta cioè si potrà far luce sui fenomeni che l’attuale teoria di riferimento della fisica, il Modello Standard, non riesce a spiegare.
Il primo passo in questo mondo completamente nuovo è stato fatto deuj giorni fa, quando nel più grande acceleratore del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra, sono avvenute in modo stabile le prime collisioni di particelle all’energia record di 13.000 miliardi di elettronvolt (13 TeV), mai raggiunta finora da una macchina.

È cominciata così la cosiddetta Run 2, la seconda corsa dell’Lhc, dopo quella che, con le collisioni a 7 TeV avvenute fra il 2010 e il 2012, aveva portato alla scoperta del bosone di Higgs. Poi i due anni di pausa tecnica per la manutenzione per portare la macchina a raddoppiare quasi la sua energia, fino a 13 TeV. Quindi l’Lhc è stato riacceso in marzo, i fasci hanno ricominciato a scorrere in maggio in una prima fase di test e oggi, finalmente, sono cominciati gli esperimenti.

«Non bisogna aver fretta», ha detto il direttore generale del Cern, Rolf Heuer, subito dopo le prime collisioni, osservate dai principali esperimenti dell’acceleratore.
«È un traguardo fantastico, ma non è detto che i risultati possano arrivare a breve, ci vuole pazienza», ha aggiunto.

«La ricerca richiede pazienza» anche per il direttore designato del Cnr, Fabiola Gianotti, che assumerà la carica a fine anno. Anche se è davvero presto per dire che cosa potrà accadere, l’entusiasmo al Cern è comunque alle stelle. Applausi e brindisi hanno salutato le collisioni. Come ha osservato il direttore scientifico del Cern, Sergio Bertolucci, «comunque vada, è certo che aumenteremo le nostre conoscenze».

Dalle prime ore del mattino di due giorni fa nella sala di controllo del Cern sono cominciate le operazioni che hanno letteralmente aperto le porte sulla nuova fisica. Prima i fasci di protoni sono stati iniettati nell’anello da 27 chilometri dell’Lhc; quindi sono stati accelerati, portati all’energia di 6,5 TeV ciascuno e allineati in modo da ottenere le collisioni.

Grazie all’energia altissima alla quale avvengono, le collisioni (presto attese al ritmo di un miliardo al secondo) potrebbero dare origine a particelle mai viste finora, ognuna delle quali potrebbe aiutare a far luce sui ‘rompicapò della fisica (come la composizione della materia oscura) finora impossibili da spiegare. Ma potrebbero anche rivelare qualcosa di completamente imprevisto.

Un «passo storico» per la fisica, aggiunge Fabiola Gianotti. Nei prossimi tre anni l’energia record raggiunta dalla macchina permetterà di esplorare territori sconosciuti, che le teorie fisiche attuali non sono in grado di spiegare.
«Questo ‘saltò dell’Lhc ci permetterà di esplorare un nuovo regime di energia», ha detto Gianotti. «Nei prossimi tre anni di operazioni impareremo moltissimo. Ma - ha aggiunto - non aspettatevi risultati in pochi mesi. Saranno necessari tanti dati e tanto lavoro. La ricerca richiede pazienza».


La nuova pagina della fisica che si è aperta oggi segna «un passo storico anche dal punto di vista tecnologico», ha proseguito, riferendosi alla grande complessità di questa macchina senza precedenti. «Un passo - ha aggiunto - reso possibile anche dall’importante contributo dell’Italia, con l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e con l’industria», ha aggiunto riferendosi alle tante aziende italiane che hanno collaborato alla costruzione della macchina.
Tra queste ha citato l’Ansaldo, che ha costruito oltre un terzo dei magneti superconduttori dell’acceleratore.

Grazie alle tecnologie, quindi, la ricerca in fisica potrebbe compiere «un passo in avanti storico perché le collisioni a questa energia ci permettono di affrontare questioni di fisica fondamentale, con maggiori possibilità di trovare risposte a domande aperte». Impossibile dire se le risposte arriveranno. Naturalmente «lo speriamo!», ha detto.

Certezze non ce ne sono quando ci si inoltra su un terreno inesplorato, come quello che la fisica sta per affrontare. Al momento è solo possibile avere una prima idea di che cosa andare a guardare. Per esempio, ha proseguito Gianotti, «cercheremo di capire la natura della materia oscura», ossia la materia invisibile e sconosciuta che occupa circa il 25% dell’universo.
«Cercheremo anche di capire perchè l’Universo è fatto prevalentemente di materia», ha detto ancora riferendosi alla mancata simmetria fra materia e antimateria. Nonostante si annientino reciprocamente e siano state prodotte in uguale misura dopo il Big Bang, non si sa spiegare infatti perchè una piccola quantità di materia abbia avuto la meglio sull’antimateria.

«Ormai siamo sbarcati su un nuovo pianeta e adesso dobbiamo esplorarlo»: per il presidente dell’Infn, Fernando Ferroni, è questa la scommessa che si apre con il ritorno in attività dell’acceleratore più grande del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra.
Comincia una nuova fase della fisica che vede l’Italia fra i protagonisti: «Siamo in prima linea - ha aggiunto - e in grande forma nel cominciare ad esplorare questo mondo sconosciuto», con circa 700 ricercatori coordinati dall’Infn e due italiani alla guida di due dei grandi esperimenti di Lhc: Tiziano Camporesi (che dipende da Cern), che è alla guida del Cms, e Paolo Giubellino, che coordina Alice. «Abbiamo anche un direttore generale», ha aggiunto Ferroni riferendosi a Fabiola Gianotti.

L’Italia ha perciò tutte le carte in regola per inoltrarsi nel terreno inesplorato della nuova fisica. «È un nuovo pianeta, nel quale sappiamo che esistono abitanti sconosciuti, anche se non abbiamo la più pallida idea di come siano fatti.
Certamente abbiamo molti dubbi che possano essere come li abbiamo immaginati, perchè in questo caso avremmo dovuto trovarli prima». Insomma, se il primo periodo di attività dell’Lhc, dal 2009 al 2012, ha reso i fisici «più scettici sugli oggetti che potrebbero incontrare», dall’altro li ha resi anche «più aperti alle novità».

Ed è con questo stato d’animo che ci si prepara a studiare le particelle sconosciute che potranno essere prodotte dagli esperimenti di questa seconda fase di attività dell’acceleratore, in programma per i prossimi tre anni. «È anche possibile - ha aggiunto Ferroni - che ci troviamo in un deserto privo di vita: non possiamo escluderlo».

Di sicuro, ha aggiunto, «all’energia record di 13 TeV la capacità di fare delle scoperte aumenta molto: comincia un periodo davvero emozionante, nel quale se qualcosa c’è potremo vederlo e se non c’è, cambieremo il modo di cercare. Saranno tre anni di frontiera, in una ‘terra incognità». Avremo, ha concluso Ferroni, «la possibilità di leggere libri scritti in una lingua che adesso ci è sconosciuta e che non riusciamo a decifrare. I dati che d’ora in poi arriveranno dall’Lhc ci aiuteranno a leggerli, come una sorta di stele di Rosetta».

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