Cannabis «light» bandita, a Trento nessun problema I commercianti: «Non è il prodotto più venduto»

Niente allarmismi a Trento, fra i titolari dei “canapa shop” a poche ore dal parere del Consiglio Superiore di Sanità che ha detto che «non può essere esclusa la pericolosità della cosiddetta cannabis o marijuana light» e per questo «raccomanda che siano attivate nell’interesse della salute individuale e pubblica misure atte a non consentire la libera vendita».

Da 16 anni ha aperto il su negozio in Corso III Novembre Manuele Melchiorri, titolare del Chacruna, ed è pronto a inaugurarne un altro a Verona fra pochi giorni: «Dall’oggi al domani una notizia del genere non ci rende certo pieni di gioia - comunque sono preoccupato solo relativamente, la mia attività è qui da sedici anni e oltre alla cannabis light ho molti altri prodotti da proporre ai miei clienti».

Melchiorri, che è nel settore da parecchio tempo, offre una visione più ampia: «È un po’ un’ipocrisia all’italiana, perché perfino la cassazione si è espressa dicendo che una percentuale inferiore allo 0,2 per cento non è drogante. Il Canada ha approvato perfino l’uso ludico della cannabis, e qui per le solite dinamiche politiche e di lobby si è deciso di porre il proprio parere in merito alla cannabis light che attualmente non è nemmeno destinata all’uso e consumo umano. Credo finirà in una bolla di sapone. Di certo non è un parere mirato alla salute pubblica: lo stato ci vende alcool e tabacco e quelli certo non fanno bene alla salute. Parliamo, immagino, di un mancato introito da parte delle case farmaceutiche che si saranno viste ridurre i consumi di antidolorifici, sonniferi e via dicendo. Alla fine, questo parere mi pare una pagliacciata all’italiana».

Di più recente apertura, lo scorso settembre, quello che è l’unico negozio nel Norditalia della catena Cannabis Store Amsterdam ha aperto i battenti nella Androna Borgo Nuovo: «Un parere che ci ha stupito - spiega Roberto Patelli , marito della titolare - soprattutto i commenti che sono apparsi in rete di ogni genere. C’è preoccupazione ma solo fino ad un certo punto, la normativa non è molto chiara quindi sappiamo di avere un’attività borderline. Penso che si arriverà ad una tassazione come è accaduto con il liquido delle sigarette elettroniche».

«I prodotti che vendiamo di più - prosegue Patelli - contrariamente a quanto si crede, non sono quelli da fumo ma è l’olio di CBD, che viene usato come antidolorifico. In generale abbiamo molti altri prodotti, quindi se dovesse arrivare una proibizione sulla cannabis light avremo delle perdite ma difficilmente si precluderà il proseguire dell’attività». Attorno alla filiera della canapa è fiorita una florida economia: Coldiretti spiega che in Italia, in cinque anni sono aumentati di dieci volte i terreni coltivati a cannabis sativa, dai 400 ettari del 2013 ai quasi 4000 stimati per il 2018 nelle campagne, e per la coltivazione e vendita di piante, fiori e semi a basso contenuto di principio psicotropo (Thc) si stima un giro d’affari potenziale stimato in oltre 40 milioni di euro. Quello del Consiglio Superiore della Sanità è un parere consultivo, spetterà al Ministero della Salute decidere se e quali provvedimenti adottare.

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