False griffes, sequestrati 150mila capi di abbigliamento

Dall'acquisto della materia prima alla realizzazione del prodotto finito con moderni macchinari industriali in grado di imprimere i marchi delle griffe di moda direttamente sui capi prodotti: coprivano tutte le fasi produttive i componenti dell'organizzazione che aveva messo in piedi una centrale del falso e che è stata smantellata dai finanzieri del Comando provinciale di Reggio Calabria con 16 arresti.

L'inchiesta Easy Brand, coordinata dalla Dda reggina, è nata dal sequestro di migliaia di capi d'abbigliamento a carico di un cittadino senegalese, nonché dal rinvenimento di un opificio artigianale che non poteva giustificare l'enorme mole di materiale sequestrato.

I Baschi verdi del Gruppo di Reggio sono così riusciti a compiere una mappatura delle aree di vendita ed a delineare compiutamente l'operatività e i ruoli dei numerosi partecipanti all'organizzazione. È così emerso che la materia prima «vergine» veniva acquistata direttamente in Turchia, in Cina e in diverse regioni italiane per poi essere confezionata nel prodotto finale destinato a rifornire gran parte dei mercati della provincia oltre che ad evadere specifici ordini commissionati anche da clienti operanti fuori dal territorio cittadino.

L'organizzazione - capeggiata, secondo l'accusa, da un calabrese e da un cittadino italiano di origine senegalese - aveva impiantato diversi opifici attrezzati con macchinari industriali moderni capaci di imprimere i marchi delle griffe di moda direttamente sui capi. Alcuni degli opifici erano completamente clandestini, altri operavano in violazione delle norme sui diritti di proprietà industriale visto che erano sprovvisti di qualsiasi tipo di autorizzazione e della licenza, tanto che uno era dotato di regolare partita Iva.

Così facendo, secondo l'accusa, la banda aveva creato un vero e proprio mercato parallelo del falso. Sono stati oltre 150.000 i capi di abbigliamento ed accessori contraffatti sequestrati nel corso dell'indagine per un valore di circa 2 milioni di euro. Tra i danneggiati ci sono anche i consumatori finali che hanno comprato prodotti qualitativamente scadenti e, talvolta, pericolosi per la salute.

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