Il discorso di Mattarella va meditato a fondo

Il discorso di Mattarella va ascoltato meglio.

Egregio direttore, temo che il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica, venga valutato non tanto per l’effettivo contenuto, ma in base alle personali aspettative prestando attenzione se quanto affermato o consigliato sia più o meno in linea con quanto ci si attendeva di ascoltare. E quindi c’è il rischio di perdere dei passaggi o meglio di perderne la forza semplicemente perché non attesi, perché non efficaci rispetto al mal di pancia generato dalle fatiche quotidiane o meglio da chi ci campa trasformandole in paure e presentandosi come novello Lancillotto.

Varrebbe la pena riascoltarlo a bocce ferme. Ci si accorgerebbe che un paio di passaggi sono tutt’altro fuorché di routine. Uno di carattere più politico o meglio civico dove il presidente Mattarella ha invitato ad avere più senso civico e misura evitando di deformare i fatti e distribuendo notizie false e l’altro più sociale e forse “alto” dove ricordando un regalo ricevuto da dei ragazzi disabili ha citato una frase scritta su una sedia: se perdiamo il diritto ad essere differenti perdiamo il privilegio di essere liberi.
Non le sembra una frase meravigliosa per battezzare un nuovo decennio?


Piero Paganini - Villazzano

 

La politica tenga viva la speranza

Le confesso che ho subito cercato un’immagine di quella sedia. Una sedia che nella sua semplicità ci dice più di mille parole: la libertà è davvero differenza. E capacità di valorizzarla e di apprezzarla, qualunque differenza. Quella frase è davvero perfetta per battezzare un nuovo decennio nel quale abbiamo bisogno non solo di essere liberi, ma anche e soprattutto di poterci sentire ogni giorno tali, sapendo che c’è qualcuno che la nostra libertà (inclusa la libertà di sbagliare) la tutela ogni giorno. Sul discorso fatto dal presidente la sera del 31, lei ha in gran parte ragione. Perché la politica - senza eccezioni, direi - ci ha visto effettivamente ciò che voleva vederci. O, se preferisce, non ha visto ciò che invece avrebbe dovuto vedere. Ma quel messaggio era rivolto prima di tutto agli italiani, agli elettori, ai cittadini, alle tante persone che ogni giorno danno un senso ad ognuna delle parole pronunciate dal presidente. Certo, Mattarella parlava - in modo diretto e franco - anche ai politici e a chi guida istituzioni nelle quali dobbiamo credere di più, ma dialogava soprattutto con l’Italia migliore, quella che è fatta da tante persone invisibili che ogni giorno fanno, appunto nel silenzio, grandi cose: nel lavoro, dentro la società, in famiglia, in ogni ambito, a cominciare da quello del volontariato. La politica - come ha detto il presidente - deve davvero tenere viva la speranza. Quella speranza che in un certo senso lui ha affidato ai giovani che hanno perfettamente colto le sfide dell’ambiente e della globalizzazione, ma che faticano a trovare spazio in un Paese in cui gli ascensori sociali sono praticamente bloccati e i passaggi generazionali sono rarissimi. Buona l’idea di riascoltare quelle parole a bocce ferme, anche se viviamo in un Paese in cui le bocce non sono mai ferme o nel quale sono forse fin troppo ferme (anche se ci sembra che tutto si muova).

a.faustini@ladige.it

comments powered by Disqus