L'abbraccio forte di centinaia di persone per l'ultimo saluto laico a Federico Goller precipitato dalla ferrata di Rio Sallagoni

di Elena Nicolussi Giacomaz

«La vita non si misura attraverso i respiri che facciamo, ma attraverso i momenti che ci lasciano senza respiro». É un assolato sabato di novembre al Cimitero di Trento. La camera ardente è gremita. Nell’aria risuonano le note de «La cura» di Franco Battiato. E un raggio di sole, con l’inizio della celebrazione laica, di questa mattina, si fa spazio attraverso le ampie vetrate per illuminare il feretro avvolto dalle rose bianche e dai rami di pino di Federico Goller, il ventinovenne che mercoledì ha perso la vita dopo essere precipitato dalla ferrata del Rio Sallagoni.

Sono centinaia le persone che questa mattina hanno voluto stringersi attorno al dolore della famiglia. Mamma Cristina, papà Fausto, l’amatissimo fratello Alessandro, la compagna Rossella, i nonni Aldo ed Elsa, Gemma ed Alberto. «Al di là della fede, siamo qui per abbracciare Federico, ognuno con la propria personale esistenza. Lui amava volare nell’aria, ora è libero» ha raccontato in un momento di preghiera Don Lino, da 18 anni vicino alla famiglia, presente in borghese.

Poi, sulle note di «Starway to heaven», il ricordo di Pia Nicolodi, amica dei Goller: «Ti ho visto nascere, crescere, diventare uomo - ha detto commossa -. Tu ci hai insegnato cosa significa essere liberi. La libertà è la cosa più importante e non sei mai stato un convenzionale. Questo è il messaggio che ci hai lasciato».

(Foto Alessio Coser)

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