«La barriera non era obbligatoria» Campodazzo, la nuova perizia

Il Comune di Fiè allo Sciliar non aveva l'obbligo di prevedere una barriera di protezione nel tratto di strada in cui si consumò la tragedia di Campodazzo, in cui persero la vita Giulia Valentini (28 anni di Pinè) e Alessandro Conti (23 anni di Cavalese), perché si trattava di una strada interpoderale e non di una strada comunale. Inoltre, su quel tratto di strada, con pendenze elevatissime e una carreggiata stretta, l'auto avrebbe dovuto procedere «a passo d'uomo», invece che a 15 chilometri orari, una velocità ritenuta dunque eccessiva.  

A queste conclusioni sarebbe giunto l'ingegner Raffaele Mauro, a cui il giudice di Bolzano Walter Pelino aveva affidato un supplemento di perizia, al fine di fare luce sulla tragedia avvenuta nel novembre 2016. Una perizia che sarà discussa in incidente probatorio in marzo. Ma alcune anticipazioni sulle conclusioni del perito, tuttavia, sembrano dunque «scagionare» gli indagati: il sindaco del Comune di Fiè allo Sciliar, Othmar Stampfer, il presidente dell'associazione agraria che si occupa della gestione delle strade di accesso ai vari masi ed è composta dai contadini proprietari dei vari manufatti (Christian Mair) e il progettista dei lavori di messa in sicurezza effettuati nel 2009 (Heinz Tschugguel), chiamati a rispondere di omicidio colposo plurimo e lesioni personali. Conclusioni, possiamo già anticiparlo, non condivise dai legali delle famiglie delle vittime - gli avvocati Fabrizio Borga e Mauro De Pascalis - i quali sottolineano che si tratta di strada pubblica comunemente percorribile e citano un decreto ministeriale del 1992 che, in caso di ponti prevede l'obbligo di posizionare presidi di sicurezza come i parapetti anche nelle zone limitrofe. Un aspetto che il giudice aveva ritenuto meritevole di un ulteriore approfondimento: da qui il supplemento di perizia.  

La comitiva - divisa su quattro macchine - era partita da poco lungo la stradina stretta e ripida che porta alla statale del Brennero. Giulia Valentini procedeva lentamente, come del resto gli altri veicoli. La prima macchina si era infilata sotto il ponte coperto e la seconda, una Bmw, stava facendo lo stesso quando era stata urtata leggermente dalla Ford Fiesta guidata da Giulia Valentini, che si trovava dietro. Forse la macchina aveva perso aderenza. Forse la giovane non si era resa conto che in quel punto, praticamente buio, c'era una curva per imboccare il ponte. Certo è che l'auto era precipitata. Un volo di una decina di metri, al termine del quale la macchina, finita con il muso nel torrente, si era poi ribaltata. Per due dei quattro occupanti, l'abitacolo - invaso dall'acqua - si era trasformato in una trappola mortale.
Una barriera in quel tratto avrebbe certamente evitato il disastro, ma è proprio sull'obbligo di provvedere al posizionamento del guardrail che si gioca la partita giudiziaria. Di certo, come detto, le conclusioni dell'ingegner Mauro non sono condivise dai legali di parte civile, che indicano altri punti da chiarire. 
«ll nostro perito sostiene che un intervento su un tratto stradale, seppure interpoderale, debba rimarcare tutte le situazioni di pericolo - evidenzia l'avvocato De Pascalis - Il perito esce da questa situazione dicendo che un'asfaltatura (l'unico intervento fatto ndr) non era idonea a fare questo tipo di valutazione, ma questo aspetto meriterebbe più attenzione». Come l'aspetto della pericolosità di quel tratto stradale. «Il perito dice che, siccome prima non era mai successo un incidente, non era pericoloso - evidenzia - Ma la riprova che lo fosse è proprio che sia accaduto un simile incidente. Io il pericolo lo vedo, giuridicamente e visivamente».

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