Clima, nel Mediterraneo a rischio la metà delle specie

Una specie su due, tra quelle che abitano nel Mediterraneo, entro la fine del secolo potrebbe non esistere più, se l’uomo non provvederà a ridurre in modo massiccio le emissioni di gas serra. La biodiversità cadrà sotto i colpi del riscaldamento globale, dimezzando un patrimonio millenario di biodiversità. A lanciare l’allarme è lo studio condotto dal Wwf insieme all’università britannica dell’East Anglia e all’australiana James Cook University.

Pubblicata sulla rivista Climatic Change, la ricerca esamina la situazione del Mediterraneo nell’ambito di un’indagine più ampia sull’impatto che il cambiamento climatico avrà su 80mila specie viventi in 35 aree del Pianeta ricche di biodiversità, dalla foresta amazzonica alle savane boschive di Miombo in Africa meridionale. Risultato: a migliaia rischiano di non vedere il nuovo secolo.

Gli esperti hanno analizzato lo scenario più roseo - un aumento della temperatura globale non superiore ai 2 gradi centigradi, il limite massimo previsto dall’accordo di Parigi sul clima - e lo scenario più nero, quello in cui l’uomo continua a immettere CO2 in atmosfera e il termometro sale di 4,5 gradi. Nel Mediterraneo 2 gradi in più metterebbero a rischio quasi il 30% della maggior parte dei gruppi di specie studiate, mentre con 4,5 gradi in più sparirebbe metà della biodiversità. Le specie più a rischio sono le tartarughe marine, in primis la Caretta caretta, e i cetacei.

A livello globale le vittime illustri del clima - dall’orso polare al leopardo delle nevi, dalla tigre dell’Amur al rinoceronte di Giava - sono solo la punta dell’iceberg. Nello scenario ottimistico il 25% delle specie sarà in pericolo. Nello scenario pessimistico fino al 90% degli anfibi, l’86% degli uccelli e l’80% dei mammiferi si potrebbero estinguere localmente nelle savane di Miombo, mentre l’Amazzonia potrebbe perdere il 69% delle sue specie vegetali.

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