Ambasciatrice palestinese, 'grazie al popolo italiano'

(ANSA) - ROMA, 26 NOV - "Voglio ringraziare il popolo italiano per la sua posizione", ci sono "manifestazioni in tutta Italia quasi ogni giorno, questo è un enorme sostegno", ma c'è un "grande divario con il governo". L'ambasciatrice palestinese in Italia, Abeer Odeh, racconta all'ANSA della speranza "che queste voci permettano ai politici italiani di pensare due volte a ciò che è giusto". Tra le cose giuste da fare c'è il lavorare per la soluzione dei due Stati. Per questo l'ambasciatrice dice di appezzare le parole del ministro degli Esteri Tajani, "per la sua intenzione di contribuire al raggiungimento di un accordo" su questa possibilità e "per la pace a Gaza", ma questo "ha bisogno di molto lavoro, molto impegno" e "dobbiamo considerare che in Cisgiordania abbiamo circa 750.000 coloni". E poi, aggiunge l'ambasciatrice, "dobbiamo imparare dai nostri errori", quelli della comunità internazionale, "perché anche l'accordo (di Oslo ndr) prevedeva che si mettessero linee di demarcazione, come dire, la fine dell'occupazione in cinque anni. Ma ora sono passati 30 anni". "Ci auguriamo che l'intenzione rimanga quella di non dimenticare tutto ciò che riguarda Gaza - ammonisce l'ambasciatrice palestinese - e di non continuare a sostenere solo Israele" Molti si chiedono chi guiderà la Striscia di Gaza dopo la guerra al posto Hamas, se questo verrà sconfitto. Ma l'ambasciatrice Odeh ricorda che l'amministrazione di Gaza è sotto "il governo dell'Autorità nazionale palestinese, tutti i ministeri appartengono all'Anp" e "non abbiamo mai smesso di pagare gli stipendi del nostro personale a Gaza, il settore sanitario, quello dell'istruzione, l'assistenza sociale. Ci stiamo assumendo tutte le nostre responsabilità". Il motivo principale per il quale l'Anp non è dentro la Striscia, spiega l'ambasciatrice, è perché "è completamente controllata dall'occupazione israeliana" che "gestisce l'ingresso del cibo, del gas, dell'acqua, dell'elettricità e delle telecomunicazioni". Il problema "non è chi gestirà la Striscia" perché "siamo un Paese democratico" e "le elezioni eleggeranno chi guiderà la Palestina, la Palestina nel suo complesso". Prima di questo, però, c'è la violenza della guerra. I bombardamenti sono cessati per il momento, ma la tregua di quattro giorni "ovviamente non è sufficiente perché in questi pochi giorni le famiglie possono solo abbracciare, piangere, iniziare a curare i loro cari" e "pensare se sono ancora vivi o se sono sotto le macerie". Perché "la distruzione nel nord di Gaza è incredibile", racconta l'ambasciatrice, e "nessuno è stato testimone perché non è consentito fotografare ciò che sta accadendo". Una tragedia umanitaria che non si limita alle persone uccise dalle bombe: "La gente muore di fame, cerca cibo, acqua, un posto dove stare" racconta Odeh. L'ambasciatrice palestinese sorride amara quando le viene chiesto se questa tregua possa portare a una pace permanente. "Penso che dovremmo prima porre fine a questa guerra e vedere le responsabilità internazionali, perché credo che dopo questi 51 giorni sia diventato chiaro a tutti i leader mondiali che Gaza è una prigione a cielo aperto" e "la comunità internazionale ha la responsabilità di iniziare a parlare di pace, di spingere Israele almeno a sedersi e a negoziare". Il problema, sostiene, "è che Israele non ha intenzione di farlo" e il suo piano "è quello di far sfollare le persone, fare pulizia etnica, e conquistare tutta la terra palestinese. Questo è ciò che stiamo vedendo finora". (ANSA).