Italia / L'analisi

Bankitalia: calo delle nascite dovuto anche all'aumento dell'età in cui i nonni vanno in pensione

Il progressivo innalzamento dell'età pensionabile incide sui tassi di fecondità contribuendo al calo delle nascite soprattutto nei Paesi del sud dell'Europa, quelli come l'Italia che presentano maggiori lacune sul fronte delle politiche e dei servizi all'infanzia, dove una giovane coppia per mettere su famiglia fa grande affidamento sulla figura dei nonni.

ROMA. Il progressivo innalzamento dell'età pensionabile ha un 'effetto collaterale': incide sui tassi di fecondità contribuendo al calo delle nascite. Soprattutto nei Paesi del sud dell'Europa con più lacune sul fronte delle politiche e dei servizi all'infanzia, e dove una giovane coppia per mettere su famiglia fa grande affidamento sulla figura dei nonni. È quanto emerge da un paper di Bankitalia, dove si sottolinea come le riforme previdenziali varate negli ultimi decenni in Europa per contenere la spesa pubblica possono avere un impatto anche sulla crescita demografica.

Un fenomeno che riguarda quasi esclusivamente i Paesi dell'area Mediterranea, mentre è quasi nullo nell'Europa Continentale e nei Paesi del Nord, dove le politiche di welfare si dimostrano più efficaci e i servizi come gli asili nido sono più diffusi e meno gravosi per le tasche delle giovani coppie.

In Italia, come noto, con le riforme del decennio scorso, è stato introdotto un pesante irrigidimento dei requisiti per poter accedere alla pensione. In linea generale, è necessartio avere 67 anni oppure aver versato contributi per 42 anni e dieci mesi. Esistono, poi, poche forme di anticipo dell'uscita, come quota 103 (somma di anni lavorati più età anagrafica, ma assai più penalizzante e meno utilizzata della precedente quota 100) o opzione donna, che però è stata noteviolmente depotenziata dal governo Meloni.

Da anni le forze sindacali principali chiedono maggiore flessibilità in uscita, a cominciare dai lavoratori che hanno svolto mansioni usuranti. Ma finora dai governi di diversa composizione non sono arrivate novità significative. Anche l'attuale esecutivo di centrodestra, formato da forze politiche che per anni hanno attaccato la riforma oggi in vigore, dopo gli annunci in campagna elettorale non ha prodotto nessuna misura in discontinuità.

A quanto trapela da Roma, nemmeno per l'anno prossimo sono attese novità radicali: pare si vada solo verso la conferma di quota 103 e di una correzione migliorativa di opzione donna. Altre misure più importanti, specie l'evocata riduzione a 41 anni della soglia di pensionamento sulla base dei contributi versati (e di un'età minima a sessant'anni), potrebbero arrivare, forse, prima della fine della legislatura, in vista della successiva campagna elettorale.

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