Previdenza / I numeri

Neopensionati, l'assegno mensile è più leggero: in tre anni 166 euro in meno

Il dato, riferito al Trentino Alto Adige, emerge dall'Osservatorio dell'Inps: il confronto tra gli ultimi tre anni pieni (2020, 2021, 2022) e il primo trimestre dl 2023 mette in evidenza come, a livello di media generale di tutte le gestioni e le tipologie di pensione, ci sia un arretramento

di Daniele Battistel

TRENTO. Quasi 170 euro in meno al mese. A tanto ammonta la differenza di pensione tra chi si è ritirato dal lavoro nel 2020 e chi lo ha fatto negli ultimi tre mesi.

Il dato, riferito al Trentino Alto Adige, emerge dall'Osservatorio dell'Inps sulle pensioni. Il confronto tra gli ultimi tre anni pieni (2020, 2021, 2022) e il primo trimestre dl 2023 mette in evidenza come, a livello di media generale di tutte le gestioni e le tipologie di pensione, ci sia un arretramento dell'assegno mensile.

Se i 16.119 neopensionati del Trentino Alto Adige del 2020 (compresi gli assegni sociali) in media intascavano come primo importo mensile una cifra di 1.410 euro, i 16.553 del 2021 ne ricevevano 1.342,33, mentre i 15.126 del 2022 solo 1.286. Infine i 2.759 neopensionati della regione del primo trimestre 2023 devono accontentarsi di 1.244 euro al mese.

Ci sono però andamenti diversi rispetto al tipo di gestione e alla tipologia della pensione.

Prendiamo la pensione di vecchiaia, ovvero la prestazione pensionistica erogata in questo caso dall'Inps al compimento di una determinata età anagrafica unitamente al possesso, di regola, di almeno 20 anni di contributi.

Negli ultimi tre anni la media si è alzata per il Fondo privato lavoratori dipendenti di un centinaio di euro da 834 euro mensili a 945. Per gli autonomi, invece, l'importo è rimasto pressoché stabile poco sotto i 600 euro al mese.

Andamento altalenante per gli ex dipendenti pubblici che - detto tra parentesi - sono quelli che incassano gli assegni pensionistici più alti. Si va da una media di 2.235 euro del 2022 ad un picco di 2.581 del 2021. Il 2023 non fa testo perché la cifra di 3.786 euro è condizionata da un basso numero di neopensionati, solo 5, tra cui evidentemente qualche ex dirigente che alza di parecchio la media.

Situazione più o meno simile per quanto riguarda le pensioni anticipate, ovvero i trattamenti previdenziale che possono essere conseguiti a prescindere dall'età anagrafica dai lavoratori iscritti alla previdenza pubblica obbligatoria. Sino al 31 dicembre 2026 è necessaria un'anzianità contributiva di 41 anni e 10 mesi per le donne e di 42 anni e 10 mesi per gli uomini.

A livello di ex lavoratori dipendenti nel 2023 si è tornato sopra i 2mila euro netti del 2020, mentre tra gli autonomi c'è un calo costante dai 1.62 euro del 2020 ai 1.209 del 2023.Tra i pubblici si è tornati sopra i 2.600 euro di media dopo il tonfo a 2.486 euro del 2022.

Come spiegare queste differenze di assegno tra colleghi andati in pensione a pochi anni di distanza?

Va premesso che per calcolare l'importo della pensione al momento della decorrenza il totale del montante contributivo versato durante la carriera lavorativa del neopensionato viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione legato all'età del soggetto (parametro che viene aggiornato ogni 2 anni). In questo modo si determina l'iniziale importo annuale della pensione, successivamente entrerà in gioco il meccanismo di adeguamento all'inflazione: la così detta perequazione.

Quindi, se due lavoratori hanno accumulato lo stesso montante pensionistico ma uno ha qualche anno di età in meno dell'altro, riceverà un importo inferiore rispetto a chi si è ritirato quando aveva un'età anagrafica superiore, perché la speranza di vita residua del primo è più lunga e quindi incasserà per più tempo una pensione, seppur di importo inferiore, rispetto al più anziano.

Possibile, dunque, che per certe categorie di pensioni negli ultimi anni siano andate in pensione persone mediamente più giovani che dunque incasseranno per più tempo un assegno minore.

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