L’inchiesta / Il trend

I negozi in Trentino vivono un’agonia senza fine: persi ben 636 esercizi commerciali

Crisi nera in Valsugana, Mori e Ala, mentre il Garda e Lavis tengono bene. La proposta di Giovanni Bort e Massimo Piffer, presidente e vice di Confcommercio: «Per Trento serve una svolta commerciale sul fiume, facciamo i Navigli come a Milano, dalla funivia fino al Muse»

FOTO Un fenomeno impetuoso nel nostro territorio: persi oltre 600 punti vendita 
L'ANALISI L’Alto Garda resiste ma la zona della Valsugana è in crisi 
LA PROPOSTA «Il fiume va recuperato, facciamo i Navigli come a Milano»

di Pierluigi Depentori

TRENTO. Seicentotrentasei negozi persi negli ultimi dieci anni, settantatré solo nell'ultimo anno. I negozi trentini, soprattutto i piccoli negozi, fanno sempre più fatica a restare a galla in tempi difficili come questi, dove la tempesta perfetta del trio "pandemia, caro bollette e concorrenza online" sta erodendo nel profondo il nostro tessuto commerciale sempre più fatto di grandi centri commerciali e negozi in franchising e sempre meno di storici commercianti che sapevano anche "interpretare" con la loro esperienza i gusti dei clienti conoscendoli da sempre.

Basta fare un giro per via Suffragio, via Santa Trinità o via Prepositura a Trento, o in via delle Scuole a Rovereto, per avere la plastica dimostrazione di quello che stiamo dicendo e che abbiamo voluto mettere nero su bianco con la striscia di fotografie di queste pagine, immagini scattate nei giorni scorsi nel centro di Trento, un vero e proprio pugno nello stomaco di un fenomeno che anno dopo anno, come si può vedere dall'infografica di questa pagina e da quella delle pagine seguenti, assume dimensioni sempre più allarmanti.

Negozi giù, addetti su.

Una crisi dei negozi, soprattutto quelli più piccoli e tradizionali, ma non certo una crisi del commercio in sé. Basti pensare infatti che il numero di addetti è rimasto stabile negli ultimi otto anni, e addirittura rispetto al 2014 il saldo a fine 2022 era positivo di 296 unità. «Il numero di addetti tiene perché tengono i negozi di grandi superfici, i cosiddetti esercizi non specializzati come i supermercati, i megastore, gli empori», spiegano Massimo Pavanelli e Matteo Degasperi dell'Ufficio studi della Camera di Commercio che stanno concludendo l'analisi dei numeri del Rapporto sul commercio 2022 in provincia di Trento che verrà presentato nella sua completezza nei prossimi giorni.

I numeri della crisi.

Perdono sensibilmente le panetterie, le macellerie, i negozi di frutta e verdura, tutti ormai fagocitati dai grandi supermercati "omnibus" dove trovare tutto velocemente. Ed è proprio il concetto del «tutto e subito» che di fatto ha cambiato il modo di fare la spesa o di fare anche gli altri acquisti: niente più consigli di chi lavora nel settore da una vita, meglio la caccia all'ultimo sconto oppure all'ultimo "consiglio per l'acquisto" che arriva dal web, e comunque velocemente, quasi in maniera compulsiva. I numeri sono impietosi.

Dieci anni fa c'erano 961 negozi di mobili e di arredamento (classificati nella categoria "altri prodotti di uso domestico" e adesso sono 778, ben 183 in meno. I negozi di calzature e articoli in pelle sono diminuiti del 22,6% passando da 274 del 2012 a 212 a fine 2022. Le gioiellerie e i negozi di orologi sono calati del 19,1%, le fiorerie e i negozi per animali sono calati del 10,9% (da 165 a 147), i negozi di abbigliamento hanno perso il 10% secco passando da 991 a 892 unità. Quanto agli alimentari, le macellerie sono calate del 25,7% (da 148 a 110), le panetterie e pasticcerie del 22,7% (da 225 a 174), i negozi di frutta e verdura erano 112 nel 2012 e oggi sono 98: un calo del 12,5%.

A crescere sono invece le nicchie come i negozi caseari, bio, vegan, macrobiotici e il mondo legato alla sanità, dai medicinali (+20,9%) agli articoli medicali e ortopedici, cresciuti addirittura del 73,3%, segno tangibile di una popolazione trentina sempre più vecchia e acciaccata. E segno tangibile che, come sempre accade in economia, anche all'interno di un trend pesantemente negativo ci sono nuovi bisogni che si possono intercettare e, in senso lato, vendere.

Il problema del centro città.

Le foto delle serrande abbassate sono particolarmente forti perché si tratta di zone che chiamare "centralissime" è dir poco. E anche qui, i ragionamenti possono essere diversi e riassunti in una parola così fredda eppure così importante: i flussi. E non stiamo parlando di flussi (quasi) scontati come quelli che stanno portando sempre più acquirenti a scegliere i grandi centri commerciali a discapito dei centri cittadini, ma di "flussi interni" al centro città. Prendiamo Trento.

«Alcune delle vie che hanno la maggior parte di serrande abbassate sono posizionate proprio a pochi metri dal "giro al Sass", eppure riuscire a convincere gli acquirenti a percorrere quei pochi metri in una direzione diversa dal flusso è difficilissimo, se non quasi impossibile», sentenzia amaro Alberto Olivo, segretario generale della Camera di Commercio guardando i numeri del fenomeno. Zone centrali e quindi comunque molto costose, e quando i prezzi degli affitti raggiungono determinate cifre ecco che riuscire a guadagnare per arrivare a fine mese è sempre più difficile, e magari si inizia col risparmiare sul personale e alla fine il rischio di chiusura che si fa sempre più concreto, giorno dopo giorno, fino alla decisione finale.

Se ci si pensa, per cambiare alcuni di questi "flussi" basta un evento particolare (pensiamo ai Mercatini di Natale a Trento e al loro allargamento anche a Piazza Battisti) oppure l'apertura di un'arteria strategica, come il sottopasso delle Albere che ha collegato il quartiere del Muse con via Giusti, dando nuova linfa e quindi nuova vita economica a via Madruzzo e via Travai.«Cosa fare? Bella domanda, non è facile invertire questi macro trend», riconosce Olivo.

«Si potrebbero creare degli importanti punti di interesse nei percorsi dei centri storici urbani per modificare gli attuali flussi. Questi punti di interesse potrebbero portare alcuni negozi importanti in vie attualmente poco frequentate, e fungere così da ulteriore "calamita" con l'intento di sviluppare nuove opportunità commerciali. In breve tempo potrebbero fiorire ulteriori attività e dare una spinta notevole al mondo del commercio al dettaglio».

L'esempio di Bolzano.

C'è una città a cui si guarda con attenzione, ed è la vicina Bolzano e più in generale l'Alto Adige. Che ha adottato per anni delle politiche molto stringenti sulle grandi superfici commerciali, andando contro un mercato fortemente liberista, per salvaguardare il suo centro storico e i suoi famosi Portici. Certo, nei quartieri lontani dal centro il calo dei negozi è stato sensibile e il trend non è difforme da quello dei principali centri trentini, ma il cuore economico della città pulsa ben oltre - in termini di paragoni - del "giro al Sass" del centro di Trento.

E infatti le immagini scattate dal nostro Daniele Panato sono impietose nel certificare, assieme ai numeri, quello che già vediamo quotidianamente a spizzichi e bocconi quando imbocchiamo una via "fuori dal flusso" e che ci lascia un senso di straniamento e di frustrazione su come il "polmone economico" fatichi a respirare. Ed avere sempre meno ossigeno è un po' come spegnersi lentamente, una cosa che Trento e il Trentino non può certamente fare senza adottare ogni misura possibile per cercare di salvare la situazione.

LE FOTO 

Negozi chiusi, un fenomeno impetuoso nel territorio Trentino: persi oltre 600 punti vendita

Pandemia, caro bollette e concorrenza online sono alla base delle ragioni che hanno spinto i commercianti alla chiusura. Crescono invece gli addetti grazie alla tenuta dei supermercati e dei centri commerciali - foto Daniele Panato.

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