La protesta degli addetti «multiservizi» Mense, bar e pulizie: appalti da migliorare A Trento appello all'Università e all'A22

di Francesco Terreri

I 56 lavoratori e lavoratrici delle cinque mense e tre bar dell'Università devono ancora ricevere l'assegno di solidarietà, in pratica la cassa integrazione, di settembre, ottobre, gennaio e febbraio.

Un'indennità che arriva al 60% dello stipendio, che a sua volta viaggia sui 7,5-8 euro lordi l'ora, 1.000 euro al mese o poco più in busta paga.

Gli addetti di questo appalto, vinto nel 2011 dalla bergamasca Sma Ristorazione, sono già scesi del 20% in questi anni: all'inizio erano 70. E a novembre l'appalto scade.

«Chiediamo che le stazioni appaltanti trentine adottino la nuova norma nazionale, che deriva da quella europea, per cui nei cambi di appalto non c'è più il licenziamento dei lavoratori e la loro eventuale riassunzione ma c'è un traferimento di ramo d'azienda con garanzia del posto di lavoro» afferma Fabio Bertolissi della Fisascat Cisl.

Bertolissi e gli altri sindacalisti Cisl e Uil del terziario erano ieri pomeriggio insieme ai lavoratori davanti alla mensa universitaria di via Tommaso Gar (nella foto) in un presidio di protesta contro i ritardi negli stipendi e i rischi del posto di lavoro.

Ieri mattina invece affollata manifestazione a Bolzano dell'intero comparto multiservizi, dalle pulizie alla ristorazione, dalla logistica alle agenzie di viaggio. Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs e Uiltrasporti chiedono il rinnovo dei contratti nazionali di lavoro, scaduti da quattro anni.

«L'adesione allo sciopero è stata ottima - sostiene Ermanno Ferrari della Fisascat - Nei cantieri più grandi si è arrivati al 70%. E tanti trentini erano alla manifestazione».

Ieri i 30 mila addetti trentini del comparto, 1 milione e mezzo in tutta Italia erano #Fuoriservizio.

«Generalmente questi addetti hanno contratti part time e quindi stipendi medio-bassi - sottolinea Roland Caramelle , segretario della Filcams - Vengono definiti lavoratori invisibili perché molto spesso lavorano in orari in cui gli altri stanno a casa, ma senza il loro apporto molti dei nostri servizi, nelle scuole, negli asili nido, negli ospedali, non ci sarebbero.

Per questa ragione non si può accettare un contratto che punta a rendere ancora peggiori le loro condizioni».

I sindacati chiedono un aumento in busta paga dignitoso (quello proposto è giudicato «irrisorio»), il mantenimento delle garanzie e delle tutele in caso di cambi di appalto, in particolare per il settore mense e pulizie, e si oppongono alle richieste delle associazioni imprenditoriali (Anip Confindustria, Legacoop Servizi, Federlavoro Servizi Confcooperative, Agci e Unionservizi Confapi, Angem e Alleanza delle Cooperative, Fipe e Fiavet Confcommercio) che produrrebbero un peggioramento di elementi importanti, come i permessi, gli scatti d'anzianità e la malattia.

«Il rischio principale è che venga depotenziata la clausola sociale - rimarca Ferrari - Negli appalti grossi qui da noi in genere era rispettata, ma da un po' di tempo nelle trattative viene messa in discussione ad esempio riducendo le ore, con l'argomento che la stazione appaltante ha previsto meno soldi per quei servizi». Da qui i rischi per i 15 mila lavoratori delle pulizie e dei portierati e per altre migliaia dei servizi che vanno a gara, come le mense universitarie.

Il punto critico attualmente è nelle aree di servizio di Autobrennero: dopo aver salvaguardato a dicembre 36 addetti alle pulizie degli Autogrill, ora sono saltati 4 posti di lavoro nelle pulizie del settore carburanti e altri 3 sono a rischio.

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