Musica / Intervista

Niccolò Fabi: sul palco fra la dimensione intima e le sonorità orchestrali

Parla il noto cantautore romano in scena con orchestra e band oggi, mercoledì 26 aprile, all'Auditorium Santa Chiara di Trento, nel live "Meno per meno" che segna i 25 anni di attività artistica

 

di Fabio De Santi

TRENTO. Fa tappa anche a Trento, oggi, mercoledì 26 all’Auditorium il tour “Meno per meno” di Niccolò Fabi (inizio ore 21).

Un live che si annuncia come un emozionante viaggio musicale tra il suo sound intimo e il suono fuori dal tempo dell'orchestra che accompagna il cantautore romano in questa serie di concerti teatrali.

“Meno per meno” è il nome del progetto artistico di Fabi per i suoi 25 anni di carriera e pur non essendo un disco live, l’album ha il suo motivo ispiratore nel concerto del 2 ottobre all’Arena di Verona frutto del lavoro di orchestrazione, e in alcuni casi di riscrittura realizzato insieme al Maestro Enrico Melozzi e la sua Orchestra Notturna Clandestina.

Niccolò Fabi, inizierei dal titolo del disco che è anche quello del tour, "Meno per meno": è un invito all'essenzialità?

«In parte sì, ma è un titolo pensato per andare contro la possibilità di enfasi e di etica celebrativa che si poteva nascondere dietro un disco che comunque è uscito per celebrare i miei primi venticinque anni. Mirare alla sottrazione invece che all'addizione ha scongiurato questo aspetto e poi è un tratto fondamentale dell'età adulta che elimina cose rispetto ai giovani che aggiungono perché la loro bisaccia è ancora vuota».

Che live si devono attendere i suoi fan trentini?

«Ho pensato ad un concerto diviso in due parti: due momenti diversi abbastanza estremizzati perché il primo si svolge in una totale solitudine che è il modo che uso per accorciare la distanza con gli spettatori e vivere la dimensione in intimità pur nella grandezza del teatro.

A questo si contrappone la seconda parte insieme all’Orchestra Notturna Clandestina del Maestro Enrico Melozzi e alla mia band, che è la novità per chi mi ascolta perchè non è la liturgia delle canzoni che uno conosce ma ci sono soluzioni sonore diverse, arrangiamenti che non ci sono nel disco».

A proposito di arrangiamenti negli ultimi anni si è avvicinato sempre di più ad una dimensione elettronica insieme al giovane producer Yakamoto Kotzuga.

«Ho cercato un equilibrio tra il rispetto della mia identità e il desiderio di evolverla e arricchirla.

Certe sonorità inusitate sono un modo per me di tirar fuori dalle mie storie degli aspetti diversi e in questo senso Yakamoto è stato molto ispirante».

Fra i brani inediti del disco "L'uomo che rimane al buio".

«È una delle poche canzoni che ho scritto negli ultimi due o tre anni che risente un po’ del clima generale che c’era durante il lockdown e dell’esperienza esistenziale che abbiamo vissuto tutti planetariamente a causa della pandemia da Covid.

Ho cercato di trovare una chiave per raccontare quella situazione che però non fosse legata al virus in sé ma alla sensazione di isolamento che è allo stesso tempo protettivo e prigionia».

Ad accompagnare il brano un video.

«Sì, il videoclip non è altro che una registrazione live fatta in una grotta in cui la canzone aveva trovato la sua prima ispirazione: una grotta tra le altre sue allegorie è anche una protezione, come un rifugio antiatomico che ti protegge dai combattimenti e dalle minacce esterne».

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