Trento / Dibattito

La violenza contro le donne si combatte anche con l'arte

La violenza maschile si deve e si può prevenire con strumenti culturali e proprio perché è un problema culturale: il dibattito online promosso dall'Università e moderato dal direttore dell'Adige Alberto Faustini
L'INIZIATIVA Sassi rossi contro la violenza sulle donne
I DATI In Italia una donna uccisa ogni tre giorni oggi

di Patrizia Niccolini

TRENTO. La violenza maschile contro le donne si deve e si può prevenire con strumenti culturali e proprio perché la violenza di genere è un problema culturale vanno maggiormente sfruttare le potenzialità di linguaggi come quello artistico, musicale, poetico e della danza per trasmettere messaggi di rispetto e non violenza.

Il tema di nuove narrazioni, da costruire insieme con creatività e fantasia e dialogando tra generazioni, è stato il filo conduttore dell'incontro online a più voci, moderato dal direttore de L'Adige Alberto Faustini, promosso ieri pomeriggio dal dipartimento di Lettere e Filosofia e dedicato a "La violenza di genere è anche un problema culturale! Quale cultura per prevenire la violenza di genere?", nell'ambito del progetto avviato nel 2018 UN.I.RE-Università in Rete contro la violenza di genere, network di 10 università di cui è parte anche l'ateneo trentino con l'unità di ricerca composta da Giovanna Covi, Lisa Marchi e Michele Nicoletti.

Sulla necessità di un cambiamento culturale e di una formazione costante c'è maggiore consapevolezza, hanno confermato Valentina Veronese e Tasnim Rahman (rappresentante studenti Unitn), anche se occorre educare a riconoscere comportamenti che configurano micro-violenze e sopraffazioni lesive della dignità personale, come quelle che studentesse laureate sperimentano quando vengono chiamate "signorine" e non "dottoresse" e a colloqui di lavoro si sentono chiedere se pensano di avere figli.

«Bisogna guardare in faccia questa cultura dello stupro e lavorare per una cultura della differenza. È ancora tutto da fare, ma ci siamo contaminati con il mondo delle arti e della danza», ha detto Giovanna Covi, docente di Studi di genere, ricordando le collaborazioni avviate fin dal 2012 con le scuole di danza "Il diapason" e "La fourmie", che hanno coinvolto il mondo accademico portandolo ogni anno in piazza Duomo il 14 febbraio per dire «basta alla violenza» ballando.

«La violenza di genere è un problema di donne e uomini, da risolvere insieme - ha detto Lisa Marchi - e, dopo iniziali resistenze, il lavoro culturale nelle classi di licei e istituti professionali, a Trento, Rovereto e nelle valli, inizia a dare frutti».

I semi attecchiscono, ha confermato Cristian Mosca, insegnante all'istituto L. Guetti di Tione, ricordando il video realizzato in autonomia da una classe III contro la violenza di genere, mentre ad avere bisogno di formazione sul tema è proprio la classe docente.

«Serve un'azione continua e diffusa - ha evidenziato Milena Maines, insegnante all'istituto agrario di San Michele -, far riflettere quotidianamente in classe su azioni e linguaggio, abituare i ragazzi a riconoscere quello violento e ostile».

Un omaggio a Carla Fracci nel giorno della scomparsa è poi arrivato da Rosa Tapia e Donatella Zampiero, che hanno parlato della danza come «tecnica educativa per sviluppare capacità di ascolto, rispetto verso se stessi e gli altri e formazione integrale della persona».

Sandra Dorigotti (Alfid) ha ricordato l'importanza di distinguere violenza e conflitto e rilevato che «il contrasto alla violenza da parte degli uomini (emerso dopo il femminicidio di Deborah Saltori, ndr) è un fenomeno nuovo, indice di un cambiamento culturale significativo».

«Oggi le donne sono più consapevoli e ci sono più strumenti legali a tutela - ha concluso Elda Detassis (Centro AntiViolenza di Trento) -, ma sono indispensabili nuove narrazioni dell'amore e del rapporto di coppia per estirpare l'idea del possesso e che la realizzazione della donna sia confinata alla famiglia».

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