Sanità / Intervista

Renzo Dori (Consulta per la salute) dopo le rassicurazioni di Ferro: «Sottovalutati i problemi del sistema»

«Capisco perfettamente che il direttore generale Apss debba difendere la propria posizione e il proprio operato, ma annacquare per tranquillizzare è sbagliato»

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di Matteo Lunelli

TRENTO. Perplesso e preoccupato. Il presidente della Consulta per la salute Renzo Dori sospira e soppesa le parole: ha letto con grande attenzione e spirito critico le dichiarazioni del direttore generale dell’Azienda sanitaria Antonio Ferro, che ha commentato la situazione dei medici di medicina generale e delle guardie mediche, oltre allo stato di avanzamento dei lavori delle Case di Comunità, e la reazione è appunto di forte preoccupazione. «Credo sia necessario riportare le cose nel giusto equilibrio e nella giusta prospettiva», spiega.

Presidente Dori, cosa l’ha colpita nelle parole di Ferro?

Credo, a mio modo di vedere, che ci sia una generalizzata sottovalutazione dei problemi e delle criticità. Capisco perfettamente che il direttore generale debba difendere la propria posizione e il proprio operato, ma annacquare per tranquillizzare è sbagliato.

Partiamo dai dati di Gimbe.

Per il Trentino, se guardati bene, sono in realtà piuttosto critici in molti punti. Nessuno dice che la sanità trentina sia ai livelli di certe situazioni catastrofiche che ci sono in giro per l’Italia, ma i punti critici non vanno sottovalutati. Anzi, vanno affrontati. Perché proprio Gimbe dice che certi numeri sono frutto dell’assenza di programmazione.

Ferro dice che ci sono 10 mila posti liberi a disposizione dei cittadini per quanto riguarda i medici di medicina generale.

Può essere, non ho tutti i dati. Ma magari si tratta di posti liberi a trenta chilometri di distanza dall'ambulatorio. Gimbe dice che il 65,5% dei medici trentini ha oltre 1.500 assistiti e che la media per ognuno è di 1.403 pazienti, di gran lunga superiore rispetto alla media nazionale di 1.245. C’è chi ne ha 1.800 e chi 650, ma il report dice che 6.500 trentini non hanno un medico. E l’aumento a 1.800 assistiti rappresenta una forte probabilità di non riuscire a rispondere in modo adeguato alle richieste di salute dei cittadini e il rischio, molto serio, è l’abbassamento della qualità delle prestazioni. Evidentemente, anche se ci sono 10 mila posti liberi, 6.500 li hanno a distanze eccessive e non scelgono un medico.

Cosa chiedete in tal senso?

Non chiediamo di risolvere questa situazione e ottenere un risultato domani mattina, ma nemmeno vogliamo che si faccia semplicemente i pompieri. Non è corretto. E in generale si sta andando controcorrente rispetto alle politiche previste.

Ci spieghi, in che senso?

L’approccio dovrebbe essere verso una medicina di territorio e di prossimità. Ma sento, al contrario, parlare di concentrazione, che dal punto di vista economico ha risultati migliori. Noto che le Guardie mediche, che avrebbero dovuto essere posizionate in maniera equilibrata sul territorio, verranno invece concentrate. E ci sono aree periferiche, come le Giudicarie, la Rendena, il Primiero, dove non sono previste Case di comunità. Ancora: il Pnrr, proprio con l’obiettivo di andare verso una medicina di prossimità, aveva previsto circa 6 distretti in Trentino, uno ogni centomila abitanti circa. Invece noi ne abbiamo 3, e quindi significa non rispondere adeguatamente agli obiettivi.

Quali obiettivi non abbiamo ancora centrato?

Restando in tema Pnrr, le Cot - Centrali Operative Territoriali - dovevano essere pronte nel primo trimestre del 2024. Quindi entro il 31 marzo. C’è scritto nelle delibere della giunta provinciale: le 5 Cot, a Trento, Rovereto, Riva del Garda, Cles e Pergine saranno pienamente funzionanti entro il primo trimestre 2024. Ma il tema è più ampio.

Però con le Case di Comunità i progetti stanno procedendo?

Sì: appalti, mura e ristrutturazioni procedono. Ma c’è dietro un pensiero, una visione? O tra qualche anno dovremo ristrutturarle di nuovo perché non si è pensato di mettere un ambulatorio o una sala d’attesa in una determinata posizione? Questo modo di affrontare la situazione, con ritardi, scarsa visione e preoccupazione solo per l’autodifesa, non mi fa stare tranquillo.

Cosa serve?

Serve un management nella sanità trentina che sappia programmare sulla base dei dati previsionali. Che capisca le difficoltà e riesca poi a indicare ai cittadini soluzioni possibili, coerenti con un disegno di riforma. Che sia al di sopra di vecchie logiche e con equilibrio e serietà analizzi e risolva. Non un management che faccia il pompiere e neghi situazioni di difficoltà. Le statistiche, i dati Gimbe, gli articoli della stampa, le interrogazioni dei politici, le interviste degli esperti, dicono che dei problemi e delle criticità ci sono, anche per i medici di medicina generale. A tutto questo non si può rispondere “Sono i cittadini che non scelgono il medico”.

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