Salute / Il nodo

Ferro (Apss): «In Trentino medico di base garantito a tutti, ci sono 10 mila posti liberi»

Il direttore dell’Azienda sanitaria tranquillizza sulla carenza in varie zone della provincia: insieme all’Alto Adige, siamo la realtà italiana con la più bassa riduzione del numero di profesisonisti nel 2022 rispetto al 2019

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di Patrizia Todesco

TRENTO. Quarantadue zone carenti per medici di medicina generale sparse per il Trentino, dieci delle quali solo a Trento. Ma secondo il direttore dell’Apss Antonio Ferro questi numeri non devo preoccupare troppo.

«In Trentino non ci sono persone sopra i 14 anni che non hanno il medico di medicina generale perché non ci sono disponibilità. I dati parlano chiaro. Abbiamo una popolazione di 470 mila persone over 14 e 323 medici di medicina generale. Anche tenendo conto di quei medici che possono avere 650 pazienti perché devono ancora frequentare la scuola di specializzazione, abbiamo una disponibilità di oltre 480 mila posti. Questo vuol dire che abbiamo più di 10 mila posti liberi. Certo non sotto casa, ma un medico viene garantito a tutti».

Il dg Ferro ammette che il problema è che non c’è una equa distribuzione dei medici e dunque ci sono zone maggiormente critiche, soprattutto in periferia, che vengono costantemente monitorate.

Però - dice sempre Ferro - ci sono dati incoraggianti forniti dalla Fondazione Gimbe come il fatto che, insieme all’Alto Adige, siamo la realtà italiana con la più bassa percentuale di laureati con oltre 27 anni di laurea (63% contro una media nazionale del 72,6%), la più bassa percentuale di riduzione del numero di medici di medicina generale nel 2022 rispetto al 2019 (-4,2%, meglio di noi solo le Marche (-2,1%).

Siamo nella parte bassa della classifica anche per quanto riguarda la stima della riduzione del numero di medici di medicina generale da qui al 2026 mentre siamo sopra la media per quanto riguarda la percentuale di medici di medicina generale che hanno più di 1.500 assistiti (59,1%, Bolzano il 66,3%).

Sul dato emerso qualche settimana fa in consiglio provinciale, ossia che 6.505 trentini sarebbero senza medico di famiglia, Ferro assicura che gran parte di loro lo sono per scelta.

«Chiaro che non dobbiamo vivere sugli allori, ma c’è una fattiva collaborazione con le sigle sindacali che ci ha portato a mettere sul piatto risorse consistenti per obiettivi che sono la riduzione delle liste d’attesa, l’appropriatezza e il contenimento degli accessi ai pronto soccorso.

Questo aspetto positivo, oltre al fatto che partiremo con le reti professionali, è l’elevato numero di personale amministrativo offerto ai medici di medicina generale. Tutto questo mi fa ben sperare».

Quanto al progetto della continuità assistenziale già anticipato dall’assessore Mario Tonina nei giorni scorsi, Ferro ribadisce la volontà, da una parte di garantire maggiore sicurezza al personale e dall’altra di voler puntare ad un maggiore efficientamento.

«Con la nascita delle Cot, centrali operative territoriali, l’idea è che non saranno più i cittadini a dover andare dal medico di continuità assistenziale ma è il sistema, dopo il colloquio telefonico, che eventualmente lo manderà al domicilio. Con questo sistema abbiamo quindi la possibilità di concentrare il personale in un numero più ristretto di posti e di chiudere gli ambulatori a rischio. Nello stesso tempo potremmo ottimizzare le risorse. Ci sono ambulatori, in base all’analisi che abbiamo effettuato, dove per intere notti non arrivano telefonate e altri dove sono oberati di lavoro. Anche pensando alle novità contenute nel nuovo contratto nazionale di lavoro con il Ruolo unico, ci sarà la possibilità di utilizzare al meglio le risorse a disposizione».

In Alto Adige la riforma della sanità territoriale è già in atto da anni. Lì le guardie mediche sono operative solo a Bolzano e dintorni. Nel resto del territorio sono i medici di famiglia a gestirsi, a turno, la reperibilità nei festivi e di notte.

«A Bolzano, poi, esiste l’ambulatorio delle cure primarie all’interno del pronto soccorso dell’ospedale che gestisce il 10% degli accessi, in particolare i codici bianchi», spiega Gianni Pontarelli, coordinatore dell’ambulatorio e segretario dello Smi in Alto Adige .

Quest’ultimo servizio, istituito nel 2019, è dedicato ai pazienti con patologie di competenza della medicina generale valutati in prima battuta dal triage ospedaliero, che vengono poi trattati all’interno dell’ambulatorio cure primarie. Una modalità per evitare il sovraffollamento del pronto soccorso, problema che anche il Trentino sta cercando di risolvere.

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