Valsugana / L'allarme

Bimbo ingoia una moneta da 200 lire: corsa all'ospedale di Trento per liberare l'esofago

In una lettera il papà racconta la tensione e la preoccupazione: «Ma abbiamo trovato del personale fantastico, che ha dimostrato umanità e professionalità»

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BORGO VALSUGANA. Un'avventura lieto fine per una famiglia trentina che, pochi giorni prima di Natale, ha vissuto momenti di paura per il bimbo di 10 anni, corso in ospedale per aver ingoiato una moneta da 200 lire.

«All'uscita da lavoro mi chiama mia moglie Francesca tutta allarmata perché nostro figlio più grande di 10 anni aveva involontariamente ingoiato una moneta da 200 lire - scrive in una lettera il papà Giuseppe Gubert -. Senza troppo approfondire il come e soprattutto il perché, sono saltato in macchina a tutta velocità per raggiungerli. Nel frattempo lei ha chiamato la centrale unica di emergenza che con cortesia le ha consigliato di recarsi al pronto soccorso di Borgo Valsugana in automobile per avere modo di intervenire il prima possibile. Quindi con il figlio maggiore dolorante, il medio (di 8 anni) e la piccola (di quasi 8 mesi) si è fiondata al pronto soccorso.  Arrivato anche io a Borgo Valsugana ho lasciato mia moglie ritornare a casa con gli altri due pargoli e ho atteso pazientemente il nostro turno».

«Accolti con cortesia - prosegue - curiosità, delicatezza e con tanti sorrisi da tutto il personale, dopo una radiografia, siamo stati immediatamente trasferiti in ambulanza all'ospedale Santa Chiara di Trento per l'operazione di rimozione della moneta del vecchio conio che si era incastrata nell'esofago, proprio prima dello stomaco.

Arrivati a Trento, dopo l'accettazione, siamo stati trasferiti nel reparto di pediatria e poco dopo in sala operatoria dove finalmente la moneta è stata estratta: 200 lire del 1983, quasi mie coetanee, che mi sono state consegnate a ricordo dell'avventura (e soprattutto quale strumento di monito per i nostri figli)».

La grande preoccupazione dei famigliari del piccolo è stata "accompagnata" con dolcezza e grande «professionalità» da tutto il personale sanitario che ha preso in carico il giovanissimo paziente. «Ormai la notte era iniziata e quindi mio figlio ed io abbiamo pernottato nel reparto di pediatria. A tarda mattina, dopo gli accertamenti di rito, nostro figlio è stato dimesso. Ma una cosa che mi ha veramente colpito e ha reso tutto più semplice: in tutte le fasi cruciali di questa storia abbiamo trovato del personale sanitario veramente fantastico - conclude Gubert -. Ci siamo sentiti accolti e trattati nel migliore dei modi da professionisti che hanno messo al centro della loro attenzione il nostro piccolo grande problema. L'umanità e l'attenzione dimostrata, palesemente oltre il mero dovere di servizio, hanno fatto scomparire ogni possibile "criticità" dell'avventura».

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