Tribunale / L’inchiesta

Pandoro poco trasparente: anche la procura di Trento indaga sul caso Ferragni-Balocco

Non solo Milano e Prato: aperto un fascicolo a seguito dell'esposto presentato all'autorità giudiziaria da parte dell'associazione di consumatori Codacons
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di Francesca Cristoforetti

TRENTO. Dopo Milano e Prato, anche la procura di Trento ha aperto un fascicolo sul caso del pandoro di beneficenza Balocco firmato dalla celebre influencer originaria di Cremona, Chiara Ferragni.

Fascicolo conoscitivo, va specificato, modello 45, ossia senza ipotesi di reato e senza indagati: un atto dovuto a seguito dell'esposto presentato all'autorità giudiziaria da parte dell'associazione di consumatori Codacons dopo la multa dell'Antitrust, cioè l'autorità garante della concorrenza e del mercato, da oltre un milione di euro, che condanna le società coinvolte per «pratica commerciale scorretta».

Il caso Balocco-Ferragni, che ha scaldato il Paese in questi giorni di festa, è arrivato quindi anche al palazzo di Giustizia di largo Pigarelli, approdando sul tavolo della procura del capoluogo (come di altre 103 procure in tutta Italia, tra cui anche a Bolzano) perché venga valutata l'apertura di un'indagine «per possibili profili penali a seguito della sanzione inflitta», spiega il Codacons.

La denuncia «con richiesta di sequestro», inviata pochi giorni prima di Natale, porta la firma del Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori e dell'associazione utenti servizi radiotelevisivi, «in nome e per conto dei numerosi acquirenti del pandoro Balocco Pink Christmas, Limited Edition Chiara Ferragni», secondo quanto si legge nel documento.

Era dicembre 2022, quando l'imprenditrice digitale aveva presentato il pandoro Pink Christmas, insieme a Balocco, prodotto collegato a una campagna di beneficenza che avrebbe sostenuto l'ospedale Regina Margherita di Torino. Secondo l'Antitrust però la pubblicità non sarebbe stata condotta con sufficiente trasparenza, facendo passare il messaggio che l'acquisto di ogni pandoro avrebbe contribuito direttamente all'aumento della cifra della donazione. La quale sarebbe stata invece già stabilita a prescindere dai prodotti venduti.

Chiara la richiesta del Codacons alle procure su tutto il territorio nazionale, «di voler utilizzare ogni strumento investigativo consentito dalla legge e dal rito allo scopo di predisporre tutti i controlli», ma anche di «verificare il configurarsi di eventuali illeciti e responsabilità penali e quindi la sussistenza dei presupposti per la contestazione del reato di truffa aggravato ovvero altre fattispecie penalmente rilevanti, oltre che, in caso affermativo, di esperire l'azione penale nei confronti di eventuali autori/responsabili».

Con tanto di istanza che «vengano posti, anche tramite la guardia di finanza, sotto sequestro i conti delle sopra richiamate società a tutela delle azioni di rivalsa da parte dei consumatori che hanno acquistato il pandoro griffato», si conclude l'esposto.

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