Società / L'emergenza

Affitti turistici, in Trentino 8.200 alloggi con Airbnb: impatto negativo sul problema casa e sugli hotel

Il ricavo medio per alloggio supera i 3 mila euro l'anno, l'allarme del presidente degli albergatori, Battaiola: "Serve una legge nazionale, ma i Comuni devono fare di più per governare il fenomeno, come a Berlino o a New York. A Campiglio incassi 4 mila euro te la cavi con 400 di sanzione"

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di Domenico Sartori

TRENTO. A Folgarida, l'host offre un trilocale con due camere da letto, per il periodo 8-13 gennaio 2024: 71 euro per cinque notti. Costo totale, comprensivo delle pulizie e del servizio Airbnb: 499 euro. A Madonna di Campiglio, per i cinque giorni che anticipano il Natale, per due posti letto siamo sui 944 euro. E via elencando, dalla Val di Fassa agli altipiani Cimbri, passando per la zona del Garda e la sempre più turistica Trento. Affitti brevi, croce e delizia. Delizia per chi ne fa un business, che integra redditi e non vincola con contratti lunghi la disponibilità dell'immobile.

Croce per gli operatori professionali della ricettività turistica. E autentico dramma per chi cerca disperatamente un tetto sotto cui dormire.

Con il paradosso, fin qui ingovernabile, di mettere in difficoltà ad un tempo lavoratori (che cercano casa) e aziende che non sanno come attrezzarsi, salvo lodevoli e creative eccezioni, per affrontare il problema.Il tema degli affitti brevi è parte, quindi, della più grande questione casa. Perché anche in Trentino aumenta il numero dei proprietari che scelgono di affittare a studenti o a turisti per avere maggiore profitto. Da un lato, affitti alti, improponibili in una provincia che ha il primato dei redditi più bassi del Nord Est, e incremento delle procedure di sfratto (335 avviate); dall'altro, l'elevato numero di case sfitte (vedi l'Adige del 13 dicembre): oltre 150 mila in Trentino, 11.671 nel capoluogo, 2.413 Mezzano, che vanta il record, con l'86%, delle abitazioni non occupate.

Affitti brevi. Primo imputato Airbnb, la piattaforma online californiana che, attraverso la filiale irlandese ha chiuso il suo contenzioso con l'Agenzia delle entrate rimborsando 576 milioni di euro all'erario.

In Trentino, Airbnb vuol dire 8.195 alloggi destinati a locazioni brevi. Di questi, 7.232 (88,2%) sono appartamenti, 920 (11,2%) sono stanze private, 9 (0,1%) sono stanze condivise e 34 (0,4%) sono stanze in hotel, che pure "viaggiano" su Airbnb. Che evidenzia, per alloggio, una prenotazione media di 28 giorni all'anno, con un ricavo medio di 3.219 euro e un prezzo medio a notte di 166 euro. Di fronte a questi numeri e al fenomeno "affitti brevi", qual è la posizione di Asat, l'Associazione albergatori ed imprese turistiche del Trentino? «Premetto» risponde il presidente, Giovanni Battaiola «che Asat non ha nulla contro Airbnb, meno che meno contro i turisti che decidono di fare una vacanza in appartamento, anziché in una struttura ricettiva: è una clientela completamente diversa. Ciò che dà estremamente fastidio è che nello stesso mercato turistico dovrebbero esserci regole uguali. Ma così non è».

Le strutture ricettive, siano alberghi, garnì, campeggi, B&B, residence e pure seconde case regolarmente iscritte e dotate del Cipat (il codice identificativo turistico provinciale) hanno obblighi - ricorda il presidente di Asat - in materia di sicurezza, antincendio, imposta di soggiorno e accoglienza trasparente che gli altri, che nemmeno sono inseriti nel sistema della promozione territoriale (Battaiola è anche presidente di Trentino Marketing, ndr), non hanno.

Il numero degli affitti brevi in Trentino, per altro, per Battaiola è ben più alto degli 8.200 alloggi ufficiali della piattaforma Airbnb. E si pongono diversi problemi. Quello della "tolleranza" urbanistica è il primo.

«Chi ha un albergo è in zona alberghiera. Qui, invece, c'è chi ha costruito la casa come prima abitazione, o ha una seconda casa e dovrebbe seguire certe regole. Se mette sul mercato turistico un alloggio, questa dovrebbe diventare attività economica, con il cambio di categoria catastale e di destinazione urbanistica. Anche ai fini fiscali. Gli affitti brevi, con la cedolare secca, pagano il 26% di tasse, noi albergatori paghiamo il doppio. E pure l'Imis dovrebbe pesare come attività commerciale».

C'è il tema dei controlli, anche: «La Provincia non può fare nulla, se non obbligare i proprietari di seconde case ad usare il Cipat, come ha fatto» dice Battaiola «sono i Comuni, con la polizia locale, che devono controllare di più». Ma i Comuni non stanno mica bene quanto a dotazione di personale, osserviamo.

«Questa non può essere una scusante» osserva Battaiola «non è che perché ci sono pochi agenti della guardia di finanza, noi albergatori non paghiamo le tasse! Il fenomeno degli affitti brevi è ingovernabile, è come fermare l'acqua del mare con un cancello».

Come uscirne? «È a livello nazionale che si deve intervenire» risponde il presidente di Asat. Che cita due esempi da prendere a modello: «A New York, puoi affittare solo una stanza del tuo appartamento, se è libera». A Berlino, se è prima casa, devi fare domanda per diventare alloggio turistico. Se non lo fai e ti beccano, la sanzione è di 100 mila euro. A Madonna di Campiglio, dove ricavi 4 mila euro di affitti brevi, te la cavi con 400 euro».

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